Smallville Italia

Mad World, 2° episodio GdR

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Lex Luthor GdR
view post Posted on 19/4/2004, 11:59




Giorno 3 - Oceano Atlantico - Notte.

Nella giungla il freddo si era fatto sempre più intenso dalla fine del tramonto. Lex aveva passato tutto questo tempo a meditare su Luke, su Helen e sull'anello nuziale, ma ora non poteva più aspettare. Doveva tornare e affrontare Martinez. Il tempo passato a rimuginare l’aveva riempito di risentimento e rabbia
. Forse lo ucciderò. Si alzò, debole per la stanchezza e la malnutrizione, e si incamminò incerto in direzione dell'accampamento, mentre la luce bianca della luna piena lo guidava nel buio della notte. Uscendo dalla foresta inciampò e cadde a terra. Per un attimo non trovò la forza di rialzarsi. Ucciderlo... se lui non uccide me visto come sono ridotto... Questo pensiero gli diede la spinta necessaria a rimettersi in piedi. Era quasi arrivato quando una vista incredibile gli fece dimenticare tutto il suo odio.

Sulla spiaggia Martinez era circondato da un bagliore rosso e si contorceva come in agonia. Teneva tra le mani il suo anello di kryptonite rossa e lo guardava fissamente. Lex si avvicinò prudentemente, la curiosità aveva preso repentinamente il posto della collera. D'un tratto si sentì come ipnotizzato dalla luce rossa e allungo la mano verso il frammento di meteorite, come se non fosse padrone di sé. Non appena toccò la pietra il bagliore aumentò virando dal rosso al giallo poi al bianco e infine all'azzurro terminando con un'esplosione di luce accecante che spinse Lex verso la riva e Luke nella foresta, ognuno con in mano una parte dell'anello.

Lex era momentaneamente cieco, ma non era questa la cosa più strana. Il mal di testa e la confusione che lo avevano accompagnato finora passarono di colpo, poi come una massa d'acqua che distrugge una diga, la mole dei suoi ricordi gli inondò la mente. Tutto. Dai primi ricordi della sua infanzia alle sue ultime azioni sull'isola, dalla morte della madre al matrimonio con Helen, dalla pioggia di meteoriti al primo incontro con Clark. Tutti i momenti della sua vita andavano componendo, come tessere di un puzzle, un unico quadro. Ma stava accadendo tutto troppo in fretta. Lex entrò in una sorta di coma, mentre il suo cervello cercava di gestire il sovraccarico informativo e processava quell'incredibile e violenta ondata di dati. Nel suo sonno vide sovrapporsi, come in un vorticoso caleidoscopio, ogni azione compiuta, ogni persona conosciuta, ogni concetto appreso. Torbidi gorghi rossi incorniciavano queste visioni e al di sopra di tutto si stagliavano meravigliosi e dorati i tetti di Metropolis, e ancora più in alto piovevano meteoriti rossi e verdi. La coscienza di Lex si riaccese e vide la meraviglia di quelle scene. Vide un uomo che volava in mantello rosso e in quel momento sentì di stare per raggiungere nuovi livelli di conoscenza, per un attimo ebbe la sensazione di ergersi al di sopra dei mortali, ma la visione lentamente svanì lasciandogli solo un senso di pacifico e sereno vuoto. Presto dimenticò l'uomo volante e Metropolis. I suoi ricordi e la sua lucidità, però, erano tornati completamente. Si addormentò al suono placido delle onde.
Si sarebbe svegliato solo il mattino dopo, con il volto del padre negli occhi.
 
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Perry White GdR
view post Posted on 19/4/2004, 12:04




Giorno 3 sera - Metropolis..

Perry era stato tutto il giorno chiuso nel suo ufficio a lavorare al computer e ne era uscito solamente in poche occasioni: un paio di volte era stato richiesto il suo consesno per alcune faccende mentre un’altra volta si era assentato per un periodo di tempo maggiore per fare il discorso ai ragazzi in visita al Daily Planet.

Come succede spesso alle visite guidate, in qualsiasi posto esse siano, c’erano alcuni ragazzi, anche se pochi, che provavano interesse per quello che vedevano mentre altri, la maggior parte, si davano alla pazza gioia dando letteralmente del filo da torcere ai loro insegnanti. Proprio per questo motivo Perry fece una sorta di ramanzina ad un paio di ragazzi prendendoli in giro per come erano vestiti, la battuta suscitò le risate di tutti gli altri compagni di classe anche se ai due interessati non andò molto a genio. Alcune ragazze fecero al direttore delle domande molto intelligenti e pertinenti alle quali Perry rispose molto esaurientemente e non senza vantarsi un po’ di come riusciva a dirigere il giornale. Il discorso fu poi concluso da un grande applauso, altrettanto forzato, da parte degli studenti e di alcuni addetti proprio alle visite guidate.

La sera non tardò ad arrivare, e al sole, che con i suoi raggi aveva illuminato il suo ufficio per tutta la giornata, si sostituì la luna, molto bella quella sera. Proprio mentre stava uscendo dal suo ufficio squillò il suo cellulare, Perry lesse sul display: era “Karl”, pensò
"strano”. Lo “strano” era riferito al fatto che Karl era solito chiamarlo a casa… Perry conosceva Karl da una vita ormai, con esattezza da quando avevano frequentato lo stesso liceo lì a Metropolis, era un suo grande amico e si era confermato tale quando Perry aveva affrontato il brutto momento del divorzio, standogli molto vicino. Karl, però, era andato via da Metropolis da circa 4 anni per cercare fortuna altrove e ogni tanto ritornava in città proprio per rivedere il suo vecchio amico.

“Pronto?” disse Perry rispondendo senza esitare.
“Ehilà Perry! Riconosci la mia voce? Sono Karl, come stai?” Disse una voce molto affabile ed allegra.
“Ciao vecchio mio! Qui va tutto come sempre, non mi lamento, ho sempre scartoffie di qua e di la, tu piuttosto come stai? Serve qualcosa?” Rispose Perry, molto contento di risentire il suo amico.
“Me la cavo abbastanza bene! Hai da fare stasera per caso? In verità io sono all’aeroporto… non è che potresti venirmi a prendere?...” chiese un po’ titubante Karl.
“Certamente! Me lo chiedi pure?! Potevi dirmelo prima così non mi avresti dovuto aspettare!” rispose Perry in un tono che più accomodante non ce n’era.
“Non ti preoccupare, va bene così, ti aspetto allora.” Disse la voce che sembrava ora più sollevata.
“Va bene, sarò li in meno di mezz’ora.“ rispose Perry guardando l’orologio.
“Perfetto, a dopo.” e la conversazione terminò.

Come detto all’amico per telefono, Perry arrivò all’aeroporto in meno di mezz’ora. Trovò subito Karl, questo non sembrava affatto invecchiato dall’ultima volta che si erano visti forse anche perchè aveva i capelli più lunghi del solito che gli davano un’aria da giovanotto e perchè sembrava un tantino più alto del normale. I due si strinsero la mano e allo stesso tempo si abbracciarono, entrambi davvero felici di incontrarsi.

Karl era venuto a Metropolis per fare un favore al proprio capo e cioè consegnare un pacco ad un indririzzo che aveva annotato (niente di losco per intenderci, Karl era prima di tutto una persona molto onesta), dopo sarebbe tornato di nuovo a casa sua, probabilmente prendendo un aereo stesso in nottata. Dopo aver messo a posto la questione del pacco, di comune accordo con Perry decise che sarebbero andati a cenare insieme in ricordo dei bei vecchi tempi. Karl avrebbe preferito fermarsi ad un chiosco di Hot Dog e prendere un paio di quest’ultimi ma fu quasi costretto da Perry ad andare in un ristorantino italiano a conduzione familiare nel quale si mangiava molto bene dove Perry, proprio per questo motivo, andava spesso quando ne aveva l’opportunità. Mangiarono molto bene e Karl ne fu sorpreso perché Perry gli aveva detto che si mangiava bene ma non credeva così tanto per cui disse più volte, ridendo, all’amico, che la sua testa dura gli aveva salvato lo stomaco. I due passarono la serata a mangiare ma anche a bere, Perry però non bevette molto perché dopo avrebbe dovuto accompagnare l’amico all’aeroporto. Dopo aver finito di mangiare presero a ricordare aneddoti e storielle varie relativi ai tempi del liceo fino ad arrivare alle ultime volte che si erano visti. La serata passò in fretta e, malgrado entrambi preferissero il contrario, era venuta l’ora di salutarsi perché Karl doveva prendere l’aereo e entrambi il domani sarebbero dovuti andare al lavoro. Perry lasciò l’amico all’aeroporto con la promessa che un giorno sarebbe andato a trovarlo e tornò a casa. Entrò e trovò ad attenderlo il suo caro micino, Perry lo accarezzò un pochino e poi si mise a letto. Nonostante l’ora tarda accese la tivù ma la guardò per molto poco visto che, stanco, si addormentò subito.
 
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Desiree Atkins GdR
view post Posted on 19/4/2004, 12:06




Giorno 3 sera - Smallville...
Era sera, il buio era annientato da una luce fievole emessa da qualche lampione. Desiree era appena uscita dal motel per fare una passeggiatina. Mentre camminava tranquilla per le strade di Smallville un uomo l'aggredì alle spalle. La prese con se e la portò in un vicolo. Le strinse il collo impedendole di ipnotizzarlo per sfuggirgli. L’uomo preso dall’ira cominciò a urlarle contro, le vene del collo erano tese e il volto era paonazza per lo sforzo:
Brutta strega, con chi mi hai tradito questa volta eh? gridò stringendola quasi come la volesse affogare. La pressava verso terra che a fatica Desiree riusciva a stare in piedi. Poi nell’attimo in cui l’uomo mollò appena la presa Desiree pronunciò a stento qualche parola. Chi sei? Cosa vuoi da me! L'uomo la prese per i capelli e la girò verso di se in modo tale da mostrarle il suo viso Ora mi riconosci, sono Micheal il tuo fidanzato!
Micheal Welling, come hai fatto a trovarmi!!! gridò sorpresa Desiree E poi tu non sei più il mio fidanzato, ci siamo lasciati da 2 anni, cosa vuoi da me!! Cosa voglio?...Cosa voglio?Voglio che tu sia sempre e solo mia gridò l'uomo.

Chloe aveva finito di trascrivere alcuni appunti al Torch era molto tardi e si affrettò a ritornare a casa in macchina. Aveva aperto il finestrino e un sottofondo piacevole di musica la rendeva più coraggiosa. Quella sera aveva preso un'altra strada. Non le piaceva girare in macchina la sera tardi e soprattutto con tutto quel buio. “Dovrei denunciare la scarsa illuminazione di questa zona”. Stava pensando seriamente di scrivere un articolo e nella sua mente iniziava a immaginarsi l’inizio, quando fu distratte dalle urla di un uomo e dai lamenti di una donna."Ma cosa succede" pensò. Il vicolo dove provenivano gli incessanti urli era piuttosto stretto. Un esperto conducente avrebbe sicuramente fatto passare la macchina, ma Chloe temendo di far qualche danno prese con sé il cellulare e scese dall’auto. Da lontano si accorse che l'uomo stava aggredendo la donna fisicamente… e dopo aver chiamato la polizia, corse verso di loro per aiutare in qualche modo la giovane che era caduta a terra per il pesante schiaffo datogli dall’individuo. Chloe si avvicinò e chiese preoccupata e intimorita che cosa stesse succedendo.
Desiree la riconobbe subito e guardandola come se fosse la salvezza bisbigliò
Chloe!!!L'uomo guardò entrambe le ragazze, nonostante la faccia stupita di Chloe pensò che le due si conoscessero e in un modo o nell’altro se la prese con entrambe. Desiree per il momento era a terra e l’uomo senza esitare si diresse verso Chloe. La prese per il collo e la spinse contro il muro: la stava soffocando. Desiree notò un bastone lo afferrò e colpi con tutta la sua forza l’uomo alle spalle. L’uomo urlò per il dolore e lasciò Chloe che istintivamente si portò le mani al collo respirando affannosamente. Poi l’individuo si voltò verso Desiree che terrorizzata lasciò cadere il bastone ormai fracassato. Si accanì violentemente sulla donna: la prese per i capelli e le diede un pugno nell’addome. Chloe corse verso l’uomo e ci salì di sopra e iniziò a picchiarlo. L’individuo emise un urlo e fece cadere Chloe a terra che strisciò indietro lentamente sperando di sfuggirgli. Ma l’uomo la inseguiva camminando a rilento, sicuro che non sarebbe scappata e si stava chinando per prenderla dal colletto della giacca. Fu il turno di Desiree che salì sopra di lui e gli iniziò a tirargli i capelli. Che ebbe presto tra le mani… l’uomo, infatti, indossava un parrucchino! Fece cadere Desiree, mentre Chloe alzata gli diede un calcio…L’uomo istintivamente si inginocchiò bestemmiando ardentemente. Poi Desiree guardandolo in viso gli disse “E’ l’ora del riposino!” e gli sferrò un pugno in faccia. L’uomo cadde svenuto e Desiree si massaggiò la mano dolorante. Pochi minuti di silenzio per riprendersi, avevano tutte e due il fiatone, poi Chloe malridotta iniziò a parlare. Tutto a posto?
Si io sto bene..e tu come stai Chloe? disse Desiree che aveva un evidente ematoma nella guancia.
Niente di rotto… è già una fortuna! Lo sguardo delle due donne si incrociò e sorrisero alla pessima battuta. Poi Chloe intrigata pose un quesito alla donna Ma come fai a conoscere il mio nome?
Desiree ebbe un attimo d’esitazione poi rispose velocemente Ah sono una vecchia amica di tuo padre,tutto quispiegò, guardando a terra per non farsi riconoscere.
Ma chi è? Che voleva da te?
Solo un teppista che ha cercato di aggredirmi… probabilmente per derubarmi. Per essere più convincente Desiree pronunciò le sue ultime parole singhiozzando…Chloe si commosse ma non era molto convinta "Un teppista che si danna di averti conosciuto e che ti chiama strega,non l'ho mai visto" Adesso non ti devi preoccupare tra breve arriverà la polizia.
Desiree si allarmò "Se la polizia mi vede qui! Con una minorenne malridotta e un uomo svenuto a terra mi porterà al distretto… lì scoprirebbero che sono un evasa" pensò.Chloe continuò a fare domande Conosci l'identità del teppista? No, non ho idea di chi sia rispose un tantino infastidita
Dalle sue parole sembrava conoscerti molto bene continuò Chloe dubbiosa.
Le due donne furono distratte dal suono della sirena delle auto della polizia.La luce dei fanali offuscò per un poco la vista di Chloe. Desiree nel frattempo ne aveva approfittato per scappare e si diresse verso il motel, lasciando Chloe sola con l'uomo che era sceso dalla macchina e diretto subito verso di lei. Nel frattempo un collega stava arrestando il teppista.
Sta bene?
Si, stiamo... si girò e si accorse che la donna era sparita...poi correggendosi Sto bene. Chloe ebbe un momento di confusione "Ma dove è finita" pensò.
Il poliziotto interpretò l’atteggiamento di Chloe come uno choc Ha avuto un esperienza poco piacevole… l’accompagno in ospedale…Sto bene… senta agente qui c’era un'altra donna…sarà scappata forse per paura… Chloe si rese conto che la storia era un po’ assurda "Per paura di cosa?" Si domandava.
Il poliziotto continuò L’accompagno all’ospedale almeno per curare le ferite…Si, grazie sapeva che non poteva dire altrimenti.

All’ospedale Chloe fu visitata non solo da un medico ma anche da uno psicologo su consiglio dell’agente di polizia. Il padre Gabe era corso all’ospedale agitato, fu subito rassicurato dai medici e alla fine della visita entrò in camera di Chloe e l’abbracciò.
Papà se continui rischi di soffocarmi tu! Ma nonostante tutto faceva molto piacere a Chloe che ricambiava affettuosamente l’abbraccio. I medici avvertirono che nonostante non avesse niente una sera in osservazione non le avrebbe di certo nociuto, la mattina successiva sarebbe sicuramente stata dimessa. Chloe socchiuse gli occhi, il padre le stava vicino Non ti preoccupare le aveva detto dandole un bacio sulla fronte. Poche ore dopo si svegliò, il padre dormiva e l’ospedale era buio e silenzioso." Io quella donna l’ho già vista" pensava scervellandosi ma non le veniva in mente nessuno Scoprire la sua identità non sarà difficile Era passato tanto tempo, e più continuava a pensarci, più era ansiosa. Riuscì a dormire solo con il pensiero e la convinzione che niente poteva esserle nascosto.
Intanto Desiree tornò ferita al motel.Si curò le ferite con dell'acqua ossigenata e le coprì accuratamente con delle bende."Ahi! Che dolore..." pensava mentre tastava un profondo graffio con una garza imbevuta di disinfettante. Poi delicatamente si distese sul letto a ragionare.
Aveva paura che l'uomo potesse aggredirla ancora in futuro e sperava che Chloe non l'avesse riconosciuta.

"E se Chloe indagasse su di me? Se scrivesse un articolo?Cosà mi accadrà?Tornerò in carcere?andrò a vivere altrove?" Mentre mille pensieri avvolgevano la sua mente..si addormentò e cominciò a sognare.
 
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Lionel Luthor GdR
view post Posted on 19/4/2004, 13:51




Giorno 4 - Mattina

Erano passati 4 giorni dall’incidente, e con il ritrovamento di alcuni pezzi dell’aereo distrutto le possibilità di ritrovare Lex vivo si erano ridotte drasticamente, ma Lionel rimaneva aggrappato alla speranza con la tenacia incrollabile di un felino sulla sua preda.
Con la scusa di alcune esercitazioni speciali il Generale Bright aveva praticamente sequestrato una nave della Marina Militare, ma non poteva tenere il gioco ancora molto a lungo. Il corpo speciale di marines ai suoi ordini aveva battuto praticamente ogni isoletta e ogni atollo segnati sulle mappe alla ricerca di Lex.
Quella mattina il sole era brillante e il cielo terso, il vento della sera prima aveva spazzato via ogni residuo di cattivo tempo; un gradevole aliseo soffiava da nord-ovest.
Lionel se ne stava a prua della nave. Era stato lì per la maggior parte di quei quattro giorni, gli occhi incollati sull’orizzonte in cerca di un particolare insolito, che era arrivato poche ore prima dell’alba .
Verso le quattro il suo cellulare aveva squillato. Sorpreso, Lionel se lo era sfilato di tasca. In pochissimi sapevano dove si trovasse, solo i suoi collaboratori più stretti, e quello era un numero privato. Rispose.
Era Lucas. Come se non avesse già abbastanza problemi. Quel ragazzo riusciva a spuntargli tra i piedi nei momenti meno opportuni, non potè fare a meno di pensare.
Lo liquidò freddamente in pochi minuti.
Le cose erano già a quel punto. Il ragazzo non aveva perso tempo ed aveva provveduto a precipitarsi a Smallville e installarsi nel castello. Che cosa gli passava per la testa?
Lionel aveva stretto i denti con rabbia e con un gesto di stizza aveva artigliato il parapetto fino a farsi sbiancare le nocche, quando improvvisamente un lampo rosso aveva squarciato le nubi. Una delle sentinelle aveva iniziato a strillare con tutto il fiato che aveva in gola.
“Signore! Signore!!! Segnali di avvertimento!! “.Tutti i marinai che erano in coperta erano precipitati a vedere.
Il nodo che stringeva lo stomaco di Lionel finalmente si era sciolto e un sorriso si era allargato sul suo volto.

“Forza ragazzo” mormorò tra sé “Sto arrivando. Non ti arrendere. Sei un Luthor !”
Viaggiavano in quella direzione da almeno 2 ore quando finalmente avvistarono l’ isola, una piccola sagoma blu che si stagliava netta contro il cielo azzurro.

Due scialuppe sbarcarono nella baia. La sabbia bianchissima era quasi accecante,le palme dondolavano dolcemente al mormorio del vento.
I marinai si divisero in due gruppetti esplorativi, e anche Lionel, i calzoni arrotolati e i piedi scalzi,si mise alla ricerca. Trovòil corpo accasciato di Lex sulla battigia, qualche chilometro più a sud. Sembrava svenuto,ma respirava ancora. Al culmine della gioia Lionel gli si inginocchiò accanto e lo scosse vigorosamente,chiamandolo
"Lex,LEX!"
 
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Martha Kent GdR
view post Posted on 22/4/2004, 17:17




Giorno 4 – mattina – Smallville Medical Center

Sono passati 4 giorni, dall’incidente in cui Martha perse il bambino e da quando si trova all’ospedale. Finalmente è guarita fisicamente ma dentro di lei ha ancora paura che sia successo qualcosa a Clark ed è preoccupata perché ancora non si hanno sue notizie e non vede l’ora che torni a casa per rivederlo sano e salvo e per riabbracciarlo.
Si prospetta una bella giornata, il sole è alto nel cielo e finalmente Martha uscirà dall’ospedale e tornerà a casa con suo marito Jonathan, purtroppo al suo rientro non ci sarà un’altra persona fondamentale nella sua vita, suo figlio Clark.
Jonathan si sveglia nella sedia accanto al suo letto, la guarda con amorevolezza, poi Martha si sveglia.

“Buongiorno tesoro!“
“Buongiorno cara! Come stai oggi?“
“Molto meglio.“
“Sai che ti dimettono, dobbiamo tornare a casa.“
“E’ bellissimo, sono felicissima non ci posso ancora credere. L'unica cosa che non mi rende felice è che Clark ancora non è tornato e ancora non si hanno sue notizie.“
“Dobbiamo avere fede, tutto si aggiusterà.”
“Lo spero tanto, con tutto il cuore.”
“Io continuerò a cercarlo, non ti preoccupare.”
Entra l'infermiera:“Signora Kent, è pronta per uscire?”
“Si non vedo l'ora di tornare a casa.”
“Bene, vedo che è in forma stamattina, anche se stanotte ho visto che era un po’ agitata, come mai?”
“Sono preoccupata per mio figlio Clark, la sua salute è più importante della mia.”
Jonathan dice:“Beh, adesso poche chiacchiere, andiamo. Dobbiamo prendere un taxi, il furgone è in cattive condizioni.”
“Si andiamo caro.”
Escono dall’ospedale dove prendono il taxi che li attendeva e si dirigono a casa.
“Cara quando torneremo ci sarà un gran caos a casa”
“Immagino.”
Arrivati a casa, scendono dal taxi e Martha vede il cratere.
Che cosa è successo Jonathan?”
Jonathan la guarda sussultando:“Martha, la navicella....”
Martha preoccupata: “Come la navicella?”
“Si, è esplosa creando tutto questo disastro.” >dice Jonathan con tono afflitto.
“Non ci posso credere.”
“Adesso hai bisogno di riposare, non ti agitare troppo. Forza andiamo dentro casa, ti preparo qualcosa da mangiare e poi ti sdrai. Mentre io vado dallo sceriffo per sapere se ha sue notizie.”
“Ok tesoro!”
Jonathan e Marthantrano in casa
“Ah Martha... prima che vada. Ieri ho letto su un giornale di Metropolis un articolo che riguardava la nostra fattoria.”
“Che diceva?”
“Parlava dell'esplosione e diceva che indagheranno sulle cause. Se venisse qualche giornalista chiamami subito.”
“Certo! Spero che non scoprano niente.”
“Dobbiamo evitare anche questo, troveremo una scusa.”
“Come sempre.”
Jonathan prepara da mangiare a Martha e dopo averla rassicurata va alla ricerca di Clark…
 
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Desiree Atkins GdR
view post Posted on 22/4/2004, 21:02




Giorno 4-Mattina-Smallville....

Era una bella giornata, Desiree si svegliò e la prima cosa che le venne in mente fu il suo primo giorno di lavoro, anche se era rimasta un po’ scossa dall'accaduto della scorsa notte.
"Finalmente oggi comincerò a lavorare, conoscerò nuove persone" diceva tra se e se.
Così, si alzò fece colazione e sì preparò.
Spalancò le porte dell'armadio...
”Oh non so che mettere” ... disse guardando i vestiti nell'armadio. Poi si voltò verso l'orologio: ”Oh mio Dio è tardissimo devo scappare!”Così senza pensarci due volte prese ed indossò il primo vestito che si trovò davanti, uscì dal motel e prese un taxi per andare al lavoro e arrivò dopo circa 10-15 minuti.
Fuori del bar l'aspettava Tommy il proprietario del locale che aveva conosciuto la volta scorsa.

”Eccoti Desiree” -disse con aria sollevata.

”Già, eccomi… scusami per il ritardo ma ho avuto dei piccoli problemi”
”Figurati, a tutti capita... vogliamo entrare così ti presento ai tuoi colleghi ed inizi a fare un po’ di pratica?” -disse sorridendo
”Certo, andiamo.”Così entrarono e Desiree fu colpita subito il locale, le piaceva molto. Tommy le presentò i suoi colleghi di lavoro: “Questi saranno i tuoi colleghi, loro sono i camerieri Marcy, Sonny, Danny, Doody, Kenichee e Putzie e loro le cameriere Grace, Rizzo, Sandy, Jen, Marty e Francy.”I colleghi la salutarono contenti dandole il benvenuto “Grazie a tutti, sono molto contenta di poter lavorare con voi” "Ho dei colleghi veramente molto simpatici”Desiree dopo averli conosciuti meglio cominciò a fare un po’ di pratica e se la cavò abbastanza bene, anche se aveva rotto qualche piatto fu perdonata, non era mai stata una cameriera. Passò la mattina e Tommy la chiamò: ”Desiree per oggi hai finito di lavorare il pomeriggio lavorano gli altri, i tuoi turni sono di mattina e di sera. Quindi ci vediamo alle 19:00, ora puoi andare.” ”Ok” ...disse sorpresa... ”a dopo.” Salutò tutti e andò via.
 
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Lex Luthor GdR
view post Posted on 23/4/2004, 01:27




Giorno 4, Mattina. L'isola.

LEX!LEX! SVEGLIATI!
Lex riaprì gli occhi lentamente Papà? Sto ancora sognando...
No Lex, sono io disse lionel scuotendolo per le spalle Sei salvo figliolo, torniamo a casa
Lex si riprese quanto bastava per abbracciare suo padre. Per la prima volta da anni piangeva davanti a lui.
Papà non posso crederci... sei venuto a salvarmi...
Oh Lex Lionel lo abbracciò forte Ma è naturale, sono tuo padre e lo sarò sempre, qualsiasi cosa tu possa dire o fare
Lex era sopraffatto dall'emozione. Non sperava neanche lontanamente di essere trovato. In quel momento tutto ciò che era successo negli ultimi mesi venne spazzato via: per Lionel l'importante era aver ritrovato suo figlio vivo.
Figliolo, anche Helen è sopravvissuta? Domandò Lionel guardandosi intorno e accorgendosi che a ridosso della spiaggia, tra le palme, c'era un riparo rudimentale e resti di legna
Lo sguardo di Lex si rabbuiò:
Helen... mi sono svegliato sull'aereo che stava precipitando papà. E lei non c'era
Lionel si voltò lentamente verso il figlio una luce sinistra balenò nei suoi occhi e la mascella si irrigidì. Guardò suo figlio per un lungo istante in cui a lex sembrò di trovarsi davanti a uno specchio.
Ne sei sicuro? chiese.
Lex non ebbe bisogno di confermare quello che suo padre gli aveva letto nel cuore.
Allora dovremo sistemare anche questo disse stringendo al suo fianco Lex mentre camminavano verso il punto dove era ormeggiata la scialuppa.
Lex abbassò lo sguardo sulla fede nuziale, che gli era rimasta in tasca. La lanciò in mare.
"Sistemeremo ogni cosa"
Si guardarono, e un identico sorriso si dipinse sui loro volti mentre lasciavano per sempre quell'atollo sperduto.
Lex si voltò un'ultima volta verso la foresta. Erano ancora presenti i segni dell'incidente con Luke. Forse era ancora vivo? Dovevano cercarlo?

Strinse tra le mani il frammento di meteorite rossa che gli era rimasto. Mi ha mentito e mi ha rubato la fede. Meglio lasciarlo qui, se lo riporto indietro continuerebbe ad essere solo la seccatura che è sempre stato.
"Andiamo papà, qui non c'è altro da fare."
 
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Lionel Luthor GdR
view post Posted on 23/4/2004, 14:31




Giorno 4

Mentre il jet sfrecciava sull'oceano le agenzie di stampa di tutto il mondo erano impazzite: la notizia del ritrovamento dell'unico erede dell'impero Luthor sarebbe finita sulle prime pagine di tutti i giornali entro poche ore e i giornalisti non aspettavano altro che poter balzare sui diretti interessati per raccogliere qualche succoso dettaglio.
Lex, che alla base alle Azzorre era stato visitato dai medici, si era rifocillato e si era reso presentabile, adesso stava comodamente seduto sui sedili di velluto e sorseggiava un drink ghiacciato parlando al telefono..

"Sì... voglio che fissiate una conferenza stampa... invitate miss Castle... e Lois Lane del Daily Planet... sì esatto... "
Dopo aver dato queste e altre disposizioni chiuse l'apparecchio e si rivolse al padre..
"Allora papà. La situazione della Lexcorp da che sono mancato?"
"A dire il vero aspetto il resoconto da Miss Tessmacher. In questi 4 giorni non ho fatto altro che cercarti. Comunque sia appena si saprà che sei vivo le nostre azioni saliranno alle stelle. La gente lo considererà un "miracolo" di buon auspicio". sogghignò divertito Lionel per poi tornare improvvisamente serio. "e a dire il vero figliolo, non me ne importa un accidente. Tu sei qui, è questo l'importante"..
Lex guardò fuori dal finestrino, un po' imbarazzato. ."E’ bello sentirtelo dire papà, ma le nostre aziende sono la nostra vita e dobbiamo stare attenti se non vogliamo che i nostri nemici ne approfittino."
Lionel lo guardò con orgoglio. "Giusto figliolo"..
"D'ora in poi uniremo le nostre forze in un'unica grande potenza. Ho grandi progetti. Per la Luthorcorp, e per te.".

Allo stupore del figlio rispose col sorriso malizioso di un gatto..
“Riuniamo la Lexcorp e la Luthorcorp Lex, e io ti metterò alla testa di quel grandioso impero”.
“Cinquanta e cinquanta?”
“Si. Ho intenzione di continuare a seguire personalmente solo i progetti che mi stanno più a cuore”..
"Come ad esempio?" chiese Lex interessato
“Come ad esempio le ricerche sulla clonazione, sulla longevità e sui meteoriti"..
Lex non si aspettava questa schiettezza ."Perchè vuoi rendermi partecipe di tutto questo?"
Lo sguardo di Lionel si fece penetrante. .
"Perchè è iniziato il futuro Lex. Il nostro futuro" rispose. “E noi lo domineremo insieme".
Lex non era ancora pronto a fidarsi del padre e decise di metterlo alla prova.
"Sei disposto a concedermi il controllo del 50 % della Luthorcorp e ogni informazione disponibile sul livello tre?" chiese..
“D’accordo”. rispose semplicemente Lionel..
Lex, stupito per quell'assenso, non potè più in alcun modo sospettare il padre.
"Papà. Il tempo dei contrasti è finito. Da tutta questa esperienza, dal tradimento di Helen, ho capito che sei tu l'unica persona di cui posso fidarmi, e ho capito che dobbiamo unire le nostre forze."
Lionel sospirò di soddisfazione e strinse Lex in un abbraccio virile.
Lex ricambiò quell’abbraccio suggellando un’ unione che in futuro avrebbe cambiato per sempre i destini del mondo, ma che in quel momento era molto di più. Era l'affetto di un padre e di suo figlio..
 
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Penny Lane Rookwood GdR
view post Posted on 23/4/2004, 17:17




Giorno 4, Mattina - Smallvile, Casa McRan.

Penny Lane non avrebbe saputo dare un significato al suo ultimo sogno : era con Arthur, intenta a scaricare i bagagli di Lana, ma l’ amica non aveva con sé poche vettovaglie, bensì enormi e pesanti scatoloni color porpora, che Penny portava nell’ appartamento.
La mobilia diminuiva proporzionalmente al numero di scatole, alla fine il soggiorno era uno spazio dalle pareti d’ un bianco abbagliante, Lana era intenta a muoversi tra invisibili fornelli, e Penny Lane notò, il lampadario.
C’ era una corda robusta appesa ad esso, c’ era il collo sottile d’ una donna, con un taglio crudele dovuto al contraccolpo che le aveva spezzato le ossa; il cranio dai capelli lunghi e mossi pendeva come un oggetto senza nerbo, gli occhi seguivano le dita, distese e graffiate, come se avesse lottato con la morte che s’ era scelta, e vedeva la vestaglia gialla tingersi di rosso, una tonalità cupa, violenta, nauseante, insozzava la seta all’ altezza del ventre; le gambe nude avevano tracciati piccoli sentieri, ruscelli in secca del liquido vitale.
Penny si chinava al suolo, sull’ aura di sangue che circondava il corpo della madre, avvertiva i tremiti, la sua incredulità, la sua strana, insensata certezza che la mamma stesse giocando.
Un fagotto, grande quanto un posacenere, forse meno, vermiglio, rannicchiato, contorto, un filo che pendeva da esso.
Penny lo tastava : era carne. Penny lo prendeva fra le dita : era un feto… No, era suo fratello, era un sorta di bambino mai sviluppato, non era un fratello.
La sua innocenza che scivolava via, in un grido, in una verità, in una notte ormai terminata, eppure mai finita.
Il sole le accarezzava il volto, le lacrime asciutte sulle ciglia pesanti : un nuovo giorno da vivere, o da fingere di vivere.

“ Le sorprese ti aspettano.
Perché poltrisci a letto ?”
trillò la voce metallica della radiosveglia.
“ Perché mi va, razza di idiota, e tu con chi sei andata a letto, per avere questo programma ?” sbottò la ragazza, il tono di voce sibilante ed impastato di sonno.
“ Penny, parli pure con la radio, adesso ?” le domandò la zia, dalla camera che stava rassettando.
La mia spericolata vita sociale prevede codesti interlocutori” rispose ella, con uno sbadiglio .
Gandalf non era ai piedi del letto, con stupore, Penny lo vide acciambellato nell’ incavo del suo braccio sinistro.
L’ arto era indolenzito, quasi avesse uno sciame di vespe nelle vene e rigido, lo scostò gemendo; il gatto si stiracchiò, annoiato e con il piccolo e soffice muso diede il buongiorno a Penny Lane.

“ Fai colazione, Penny ?” chiese Wanda.
“ Sì, zia, ehm… Sarà meglio riempire anche questo batuffolo di peli!" disse vezzeggiando il suo adorato Gandalf.
Il silenzio era spezzato solo dalle fuse dell’ animale e dalle risate trattenute di Penny, le zampine di Gandalf fendevano l’ aria fresca della mattina.
Quando la giovane si girò notò una luce brillare aritmicamente sullo schermo del telefono cellulare.

“ Santo Dio ! Tutti i maniaci di Smallville si sono passati il mio numero… Se lo chiamassi * Lionel * o un nome banale come… Come * Bruce* li farei smettere !”
Controllò il numero, sorrise e aprì la chiamata.
“ Buongiorno, Arthur, sei al lavoro ?” lo salutò Penny Lane.
“ No, sono in crociera con una splendida donna… Faresti un favore ad un povero vecchio, ragazzaccia ?” replicò Arthur Archer.
“ Sì, vecchio derelitto, ordina” rise lei.
“ Ho perso la biografia di Sylvia Plath, prima che l’ avessi letta, se me ne procurassi una copia, Penelope, te ne sarei grato, io non ho tempo di fare compere” disse l’ uomo.
Penny lo sentì aspirare, il vizio del fumo lo seguiva da quando sua zia aveva i capelli biondi.

“ Hai tempo per farti venire un cancro ai polmoni, no ?” lo stuzzicò Penny Lane.
“ Una Rookwood moralista è un grottesco spettacolo, ragazzaccia, piuttosto, tu cosa fai a parte niente ?” la imbeccò Arthur, serio, quasi severo, aspirando con soddisfazione la sigaretta.
“ Io studio, con discreto profitto” ribatté duramente Penny.
“ Cara, mi hai preso per tuo padre ?
Su, cosa fai per renderti utile alla società ?”
insistette Arthur.
Era più padre di suo padre, forse perché esserlo era stato il suo unico desiderio
.
“ Non resto incinta” disse laconica.
Archer rise : “ Penny, so che hai un discreto conto in banca, e una carta di credito, ma se ti trovassi un impiego, un lavoro favorirebbe di molto… La tua serenità” consigliò bonariamente, per quanto bonario potesse suonare, l’ uomo.
“ La mia serenità ?
Fammi il favore, Arthur, tu sei sereno ?
No, e sgobbi da mattina a sera”
brontolò Penny Lane.
“ Io non ho 17 anni e una vita di opportunità davanti, sei a inizio partita, Penny, datti una mossa, hai la testa e la bellezza per essere vincente !” soggiunse Arthur.
“ Vincente come Astrid, Arthur William Archer ?”.
Una domanda che era un colpo di frusta.
“ Taci !
Credi che io mi diverta a vederti ridotta come un panno per spolverare, senza nulla per cui vedere il domani ?
Hai tante ragioni per non mollare, tu sei la prima !
Io… Io ti voglio bene, lo sai, non ti lascio a terra e neppure tuo padre”.
Tono alterato, Penny si figurò il suo sguardo torvo e malinconico.
“ Ti voglio bene, papà” mormorò.
“ Lo so, Penny, pensa a quello che ti ho detto… Tesoro, lascia che sia il tuo padrino e tuo padre merita quel nome” sospirò infine Arthur.
“ Va bene, papà, ti chiamerò zio, perché lo vuoi tu, non perché lo merita lui.
Ti comprerò il libro”
concluse lei.
“ Ti ringrazio, Penelope”.
“ Io pure… Zio”.
Penny spense il telefono, nessuna chiamata anonima sino a pranzo, si promise.
 
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Clark Kent GdR
view post Posted on 26/4/2004, 18:31




Giorno 4

Clark continuò a camminare per Metropolis. Era ormai da un giorno intero che camminava e rifletteva. Cosa avrebbe dovuto fare? Sfogarsi? Tornare a casa e chiedere scusa? Lo avrebbero accettato? Cosa avrebbe fatto se non lo volevano più? Clark non trovava risposta alle sue domande.
"Camminare aiuta a riflettere" pensò. Ma dopo tutto questo camminare e riflettere solo nel primo pomeriggio gli venne in mente una cosa. C'era qualcuno con cui poteva parlare liberamente. Qualcuno che a differenza di Pete avrebbe potuto aiutarlo. L'unico svantaggio è che soggiornava a New York. Era una bella passeggiata anche per uno come Clark. Cominciò a correre a supervelocità per raggiungere la destinazione da lui scelta. Corri, corri, passarono le ore data la grande distanza tra i due luoghi, ma Clark non si fermò a riposare nemmeno un istante. Aveva cominciato a correre la mattina presto, nel tardo pomeriggio giunse a New York.
Giunse infine alla sua meta.

"Entra pure Kal-El, ti stavo aspettando" disse la voce familiare
Mi sta sempre ad aspettare! "Salve dottor Swann"
"Avanti, accomodati"
"Grazie." Si mise a sedere "Mi tolga una curiosità signore, come faceva a sapere che sarei venuto?"
"Non sapevo che saresti venuto, sapevo che saresti entrato. Guarda." Girò un monitor verso Clark.
"Vedi? È un videocitofono. Riesco a vedere fino a 5m lontano dalla porta, ed è tutto legale perché è entro la mia proprietà." Sorrise a Clark che ricambiò il sorriso. "Allora Kal-El, cosa ti porta qui?"
"La prego dottore, mi chiami Clark. Odio quel nome"
"Come vuoi Clark. Adesso potresti gentilmente rispondere alla mia domanda?" gli disse con garbo
"Ecco……quattro giorni fa sono andato via da Smallville perché ho fatto perdere un figlio a mia madre. Jor-El, mio padre, il mio padre Biologico, ha detto che dovevo «Portare a termine una missione» o qualcosa del genere. Ecco, quello che mi chiedevo era se lei, per caso potrebbe aiutarmi a portare a termine questa missione. O anche solo a scoprire quale sia……”
Swann ci pensò un attimo
“vedi Kal…… oh pardon, Clark……forse tuo padre, questo Jor-El, ti ha mandato qui per farti diventare più forte. Magari non solo nel fisico, ma anche nel carattere. Oppure per farti scoprire cose nuove del tuo passato, che poi potrebbero influenzarti nel futuro. Dovresti proprio conoscere qualcosa di nuovo, del tuo pianeta natale. ”
“Non ho niente del mio pianeta natale. Neppure un ricordo, figuriamoci dei souvenir.”
“Oh, qui ti sbagli di grosso, mio giovane amico” Clark lo guardò stupito, ma più che altro era incuriosito.
“C’è qualcosa che è del tuo pianeta, anzi, che è il tuo pianeta. Qualcosa che hai visto molto spesso, ma non ci hai mai prestato attenzione” tirò fuori una scatola di piombo e l’aprì. Dentro c’era un frammento di Kryptonite verde. Clark cominciò a sentirsi male. Swann richiuse la scatoletta.
“Ma allora non sono meteoriti quelli che sono piovuti 13 anni or sono. Erano parte del mio pianeta.”
“Corretto. Solo c’è una cosa, che credo tu non sappia, che era proprio la cosa a cui stavo lavorando.”
Clark era incuriosito “Non esiste un solo tipo di Kryptonite. E potrebbero essere diverse le conseguenze sul tuo ego.”
“Questo lo so. Per esempio la Kryptonite rossa, a differenza di quella verde, mi influenza sul carattere e la personalità. Divento cattivo. Esistono solo queste due”
“Oh, ti sbagli. Vieni con me.” La sedia a rotelle del dottor Swann si mosse e Clark gli andò dietro. Swann toccò un libro nella libreria ed essa di aprì, rivelando una stanza segreta.
Clark entrò e vide degli schermi al plasma, attaccati alle pareti, che mostravano delle pietre. Erano tutti diversi, di colori diversi. Clark notò che c’era anche quella rossa, era tra gialla e blu.

“Accidenti, mi piacerebbe vederle vere”
“Sai meglio di me che non è possibile. Non sappiamo cosa ti può provocare quella pietra, potrebbe benissimo ucciderti solo guardandola. So solo che hanno tutte la stessa composizione chimica. Sono perciò appartenenti allo stesso pianeta. Che non è la Terra.” Swann si diresse verso un monitor, con sopra una pietra bianca. “Così candida e lucente………chissà che effetti devastanti avrebbe su di te…” ma Clark non lo stava ascoltando si diresse verso un tavolo, chiaramente da esperimenti. C’era esposta un pezzo di pietra. Era interamente nero. Clark aveva paura, ma la curiosità vinse sulla paura e si avvicinò. Allungò la mano per toccarla
“………è incredibile quante varietà di……ma Clark mi………FERMO!!! NON TOCCARE!!! NOO!!!!!!!”
Ma Clark non lo ascoltava. Toccò la pietra e FLASH!!!! Si ritrovò in un'altra dimensione.
La stanza d’intorno a lui era scomparsa, c’era solo spazio vuoto. Era tutto nero. A terra c’era cenere e scheletri. Il cielo era in tempesta, con fulmini e saette, ma non pioveva. Si guardò intorno

“C’è nessuno??!?” chiese. Lo chiese più forte. Nessuna risposta. Si addentrò nella zona.
“Clark?? Cosa ci fai qui??” gli chiese una familiare voce di ragazzino alle sue spalle. Non poteva essere. Si voltò.
“Ryan??!? Ma come può essere??!? Tu sei……sei………”
“Sono cosa??”
“………Morto”
“Beh, mi sembra normale, visto che questo è l’aldilà. Non sarai morto pure tu vero??”
“Non lo so Ryan, credo di sì invece. Ero da una persona, ho toccato una pietra nera e mi sono ritrovato qui.”
Alcuni scheletri si alzarono e presero vita. Si ricoprirono di muscoli e pelle, assumendo tratti umani. Una di queste si avvicinò a Clark.
“Ciao Clark, ti ricordi ancora di me?”
“Kyla, accidenti……tutto così all’improvviso………”
“Non dovevi essere qui. Ti amo Clark. Mi dispiace se in vita ti ho causato problemi e guai. Vorrei solo averti rivisto molto più tardi, voleva dire che eri vivo…”
“Kyla……” gli si avvicinò e provò ad abbracciarla, ma la attraversò,come fosse uno spettro. Clark era spaventato, ma lei era felice
“Clark non capisci?? Ciò vuol dire che sei vivo!!!! Non sei morto!!!”
Ryan si avvicinò
“Ma allora perché sei qui??” Clark spiegò della pietra, di come era stato catapultato lì………
“Devi tornare al mondo dei vivi” disse Ryan
“Non vi perderò di nuovo!!!”
“Ascoltami Clark” gli fece Kyla, “Noi siamo morti, ma non puoi restare qui per noi. Hai la tua vita. È il bene più prezioso, non sprecarla. Non come ho fatto io, lottando per una causa persa. Aiuta le persone, è questa le tua missione. Aiutare le persone.”
“Tu come fai a saperlo??”
“Beh, abbiamo qui una amica che ha poteri particolari……”
Clark si voltò, Cassandra Carver era là. Però adesso vedeva distintamente.
“Cassandra!!!”
“Ciao Clark. Vedi ho interpretato bene ciò che avevo visto di te. In più, adesso che sono qui posso vedere anche senza toccare le persone. E vedo per te un grande avvenire.”
“Come fa a vedere distintamente? Non era cieca?”
“Siamo morti Clark………” disse Kyla “i difetti fisici non esistono. Noi siamo solo come tu ci ricordi. Però non possiamo avere difetti fisici. Altrimenti perché noi siamo giovani, Ryan addirittura bambino e Cassandra una povera vecchia?” gli si avvicinò e provò ad accarezzarlo, ovviamente fallendo.
Clark abbassò un secondo lo sguardo per poi portarlo nuovamente su Kyla
“Potrei vedere una persona che non ho mai visto?”
“Basta che la pensi. Ed essa verrà.”
“Siamo qui!” disse una voce alle spalle di Clark. Lui si voltò. Erano i coniugi Lang. I genitori di Lana.
“Beh, piacere di conoscervi……vi stringerei la mano ma non posso. Vorrei solo sapere, visto che sono qui se avete da dire qualcosa a vostra figlia.”
“Dille che l’amiamo molto.” Fece la signora Lang
“E dille che non l’abbiamo mai abbandonata, che in ogni successo e in ogni disavventura della vita le siamo sempre stati accanto.” Aggiunse il marito
Scomparvero lentamente, ritrasformandosi in scheletri quali erano. Kyla si avvicinò di nuovo a Clark.

“Te ne devi andare. Rischi di morire veramente, e questo non deve accadere. Guarda” gli poggiò una mano sul petto. Per un millesimo di secondo rimase lì, poi sprofondò. “Stai morendo. Se rimani qui morirai e non deve assolutamente accadere.”
“Ma come faccio a tornare alla realtà??”
Gli si avvicinò un’altra anima. Mai vista da lui.
“Ciao Kal-El.” Poteva essere una persona sola
“Padre………”
“La vecchia terrestre ti ha detto una cosa del tuo futuro, ma non è detto che sia così. Tu puoi fare del tuo futuro e destino ciò che vuoi. Niente e nessuno lo cambierà, nemmeno io.” Kyla gli si avvicinò e lo prese per mano. Lasciò subito, con un salto.
“Clark, ti devi sbrigare!!! Ti posso quasi toccare. Sei quasi morto. Avanti, che aspetti!!! Vattene. Dovrebbe essere come svegliarsi da un sogno. Sai come si fa no??” Clark la guardò
“Allora addio……”
“Al più tardi possibile fece lei.”
“Ciao Clark. Ci vediamo. Anche onestamente preferirei di no………” salutò Ryan
Salutarono tutti quelli che un tempo erano stati amici di Clark e che avevano perso la vita. Clark fermò gli occhi su Cassandra subito prima di concentrarsi. Lei annuì. Il messaggio era chiaro. «Fa del tuo destino ciò che ritieni sia giusto». Clark chiuse gli occhi. Un nuovo Flash ed era nuovamente nella stanza del dottor Swann. Era tutto sudato, Swann più di lui.
“Accidenti ragazzo, che è successo??!?” Clark gli raccontò tutto. Non pensava che gli avrebbe creduto, eppure lo fece. Cominciò a parlare del più e del meno, di come non avrebbe dovuto azzardarsi a toccarla, che sarebbe potuto morire, o che lo avrebbe privato dei poteri………insomma, gli fece una paternale. Ma Clark era contento. Aveva trovato il coraggio che non aveva. Uscì da lì e sfruttando i soldi che aveva guadagnato il suo Alter-Ego si prese un volo diretto per Metropolis. La sera era di nuovo a Metropolis. Prese la moto e partì alla volta della piccola città, sede dei suoi sogni.
 
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Jonathan Kent GdR
view post Posted on 26/4/2004, 20:52




Giorno 4 - pomeriggio - Smallville

“Un hot dog, per favore”, “Subito, signore.”
Jonathan, camminando lungo le strade di Smallville, colmo di ansia e di nervosismo, decise di fermarsi a prendere un boccone, vedendo un venditore ambulante di panini.
“Vuole anche qualcosa da bere?” “Si, una birra, grazie.”Gli era scoppiata una gran fame dal momento che a casa non aveva pranzato per la fretta. Era uscito da poco dalla centrale dove lo sceriffo sfortunatamente non gli aveva riferito alcuna novità. Si sentiva esausto, come se la sua vita gli fosse d’improvviso sfuggita di mano. Non sapeva più dove andare a parare. Avrebbe dovuto aspettarselo quel momento… capiva che in futuro le cose non potevano andare tranquillamente come in una tradizionale famiglia provinciale. Quei rischi doveva inevitabilmente correrli. Eppure, infondo al suo sguardo si poteva scorgere un tratto di speranza e di sicurezza, dovute alla profonda fiducia che aveva per suo figlio.
Prese il panino caldo e la birra fredda e pagò. Riprendendo a camminare diede il primo morso al panino, quando un rumore attirò la sua attenzione. Alzò lo sguardo e vide una macchina che rumoreggiando, sfrecciava a tutta velocità. Nello steso tempo si accorse che una donna soprappensiero stava attraversando quella strada. Istintivamente si lanciò verso di lei, lasciandosi cadere di mano il panino e la birra, tutto in un frangente di secondo. Tutti e due caddero insieme dall’altra estremità della strada, mentre l’automobile frenò bruscamente e si fermò. Jonathan si ritrovò per terra sopra la donna, la quale non si era ancora accorta dell’accaduto.
“Oh, no! Tutto bene signorina?” Non fece in tempo a finire di parlare, che ebbe una strana e improvvisa sensazione non appena la vide in faccia. La osservò per un attimo con uno sguardo interrogativo. Quel viso gli era familiare, ma non ricordava assolutamente dove l’avesse visto.“O mio dio! Non so proprio cosa… giuro che non l’avevo vista, state bene?” Chiese l’autista con la coscienza fuori posto. “L’avrebbe vista se non fosse andato come un pazzo! Lei è un incosciente! Correre in quel modo in una piccola città come questa…” Rispose con arroganza Jonathan e si voltò di nuovo verso la donna.
“Non si preoccupi, l’ha scampata per un pelo… Vada via lei, prima che la denunci!” Rivolgendosi al signore, che, spaesato si allontanò verso la sua macchina.“Accidenti! Ieri quel pazzo maniaco e oggi per poco non finivo sotto un auto!” pensò ad alta voce Desiree.“Come scusi?” Si alzò in piedi e aiutò la signorina. "No nulla...Non so come ringrazirla, mi ha salvato la vita.posso fare qualcosa?"chiese Desiree chinando la testo sul un lato e sbattendo le palpebre.“Beh, non mi ringrazi, ho solo avuto i riflessi pronti. Ma… lei sta sanguinando! Qui, sulla fronte. Vedo che ha anche le mani un po’ sbucciate… è meglio che vada in una farmacia a farsi medicare. Venga, l’accompagno.” Così si incamminarono.
Ancora Jonathan non capiva dove avesse potuto incontrare quella giovane donna, che esprimeva tanta eleganza quanto fascino.
Usciti dalla farmacia, lei con un cerotto in testa e lui con aria più rilassata, vi fu un momento di silenzio, mentre erano uno di fronte all’altro.
“Beh, mi scusi, per la confusione non mi sono ancora presentato. Jonathan Kent. Lei è?” Forse, con quella strategia, avrebbe potuto ottenere un indizio in più per quel mistero che lo stava ossessionando sempre di più.
"Io,io,.." ebbe un attimo di esitazione perchè riconobbe che era lui l'uomo che l'aveva mandata in prigione. Non poteva certamente dirgli: "Sono Desiree, non ricordi? L'insegnante di tuo figlio che ti ha ipnotizzato e che poi hai fatto chiudere in gattabuia! E adesso mi hai salvato la vita... che buffo il destino vero?" invece mentì cambiondosi nuovamente nome.."Krista Allen"
“Lei non è di queste parti... vero? Però ho come l’impressione di averla vista da qualche parte.”La donna cercò rapidamente una scusa e quello che le venne in mente di dire fu:"Si sbaglia,mi sono appena trasferita dall'Australia,mi avrà scambiata per qualcun'altra"
"Puo' darsi..."
Per interrompere quel discorso che le cominciava a stare un po’ scomodo, propose a Jonathan di prendere qualcosa con lei proprio al bar accanto, giusto per sdebitarsi.
"Allora,che ne dice,andiamo a prendere qualcosa da bere?"
“Veramente… non so se è il caso che…”Lo interruppe con insistenza lei. "Avanti,magari posso sdebitarmi con lei"
“D’accordo, accetto. Infondo non voglio farla sentire in debito.”
Seduti ad un tavolo all’aperto, ordinarono. “Io prendo un caffè, lungo per favore. Lei cosa prende?”"Io prendo un caffè normale.."
“Bene… la ringrazio ancora per il suo invito. Allora, cosa faceva tutta distratta pericolosamente in mezzo alla strada?”"Beh..sa tornavo dal mio primo giorno di lavoro,ero un po nervosetta"
“Ah lavora da poco. Capisco…” Per un attimo Jonathan ebbe un espressione cupa."Si sente male?" chiese la ragazza.“No, va tutto bene. Sono solo un po’ preoccupato. Sa, mio figlio è scappato di casa già da 4 giorni.”"Oh mi dispiace,posso fare qualcosa?"
“Non si preoccupi, lui sa badare a se stesso. Purtroppo non è un periodo facile per me e mia moglie. Lei ha abortito da poco, per questo mio figlio è scappato, perché in qualche modo si sentiva responsabile. Lui è un bravo ragazzo e so che presto tornerà, bisogna solo avere pazienza.” Non capiva come mai stava dando tanta confidenza a quella donna, raccontandogli tutte le sue faccende personali. Non si era mai spinto troppo oltre la sua riservatezza come in quel momento. Sicuramente in una circostanza come quella chiunque avrebbe avuto un gran bisogno di sfogarsi. Da una parte temeva di aver sbagliato a farsi uscire dalla bocca tutte quelle confidenze, perché ancora gli era ignota l’identà di quella misteriosa donna. In realtà gli infondeva una sensazione non tanto positiva.
"Sono sicura che suo figlio tornerà,e sono sicura che è un bravo ragazzo.Non si preocccupi.Andrà tutto bene.Tornerà tutto come prima"
Jonathan osservava attentamente ogni gesto della donna, sorridendole, mentre lei parlava. “Beh…” Jonathan guardò l’orologio e si accorse dell’orario tardo “Adesso mi sa che devo proprio salutarla, sono spiacente, purtroppo devo ritornare alle mie attuali preoccupazioni. Comunque è stato un vero piacere conoscerla, nonostante la bizzarra circostanza.”"Aspetti le do il mio numero." Disse frettolosamente Desiree prendendo un pezzeto di carta ed una penna dalla borsa dove scrisse il suo numero.
Si, Perché no, infondo potremmo sentirci per ricordare questo rischioso ma buffo momento e riderci sopra. Magari la prossima volta offro io.” Disse allegramente Jonathan prendendo il bigliettino con il numero della ragazza. Anche se frequentare quell'uomo era un serio rischio per lei, qualcosa le diceva che quadagnarsi la sua amicizia poteva essere vantaggioso per mettere a posto alcune cose del passato.
"E' stato un piacere trascorrere il pomeriggio con lei.A presto!"
Anche per me, allora a presto e grazie ancora!” Jonathan si allontanò dal tavolo dove la sua nuova conoscente era rimasta ancora seduta. Fece un tratto di strada a piedi osservando il biglietto che aveva tra le mani con una certa compiacenza, ma subito dopo rialzò lo sguardo e infilò in tasca il pezzo di carta accorgendosi di avere ancora conservato il frammento di Kriptonite. Così ritornò al triste presente e il suo sguardo cambiò radicalmente.
 
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Léa Brialy GdR
view post Posted on 27/4/2004, 00:43




Giorno 4 - Pomeriggio - Libreria

Nulla stava funziondo in quel pomeriggio, la libreria era nel caos, bambini capricciosi supplicavano madri stressate di comperare libri solo per il gusto di qualcosa di nuovo, lamentele dei clienti per i ritardi dei nuovi arrivi della settimana, richieste assurde di libri mai sentiti nominare, la presenza immancabile della signora Aldridge, una donna intorno ai 50 ferma in un angolo da almeno mezz' ora ad osservare il tran tran del negozio e a scambiare qualche pettegolezzo con chiunque le passasse sottotiro e per ultimo l' immancabile promotore provvisto del miglior sorriso a 32 denti in attesa del proprio turno..
Léa servì tutti i clienti e congedò la Aldridge con la scusa del promotore, discusse con lui su chi conosceva meglio i gusti dei clienti della propria libreria e finalmente si concesse 5 minuti di pausa su una delle poltroncine color crema posizionate in ogni sezione della libreria
"devo alzarmi altrimenti su questa poltrona metto le radici.." si alzò per diregersi verso il bancone doveva sistemare alcune noiose bolle e fatture quando un' assidua frequentatrice del negozio entrò...

Penny Lane sistemò il suo gatto fuori dal negozio, si chinò per accarezzerlò ed oltrepassò la porta:
"Buongiorno Léa spero tu stia bene, sono venuta per motivo che neppure osi immaginare" disse con un leggero sorriso impacciato.
"ciao Penny, si sto bene è solo un po' di stanchezza.."
rispose Léa con la mente rivolta al misterioso motivo della visita di Penny, spero sia qualcosa di positvo, ne avrei bisogno.."Léa, stavolta accantono Tolkien ed il Fatsy, vorrei una biografia sulla Plath... E... E... Non è che conosci qualcuno che possa darmi un impiego ?" aggiunse titubante Penny..
"la biografia credo di averla," con un veloce clic del mouse controllò la lista dei libri sulla Plath, "si ho il libro, per l' impiego ultimamente non è passato nessuno a lasciare quale annunncio.. anche se..."
Penny Lane intrecciò nervosamente le dita, le sembrava di essere una bambina che domanda il permesso di mangiare delle caramelle : " Non farti scrupoli di mandarmi al Diavolo, Lèa... ripeté con finta disinvoltura. Léa senza cattiveria si divertì a vedere Penny un po' sulle spine, di solito nelle sue visite in libreria era immersa nella lettura e non aveva mai avuto l' occasione per vederla sotto un' altra luce.. "anche se... avrei bisogno di un' aiuto per il pomeriggio... la mattina c' è una commessa ma fa solo part time.. te la sentiresti di aiutarmi nelle ore pomeridiane?"
Penny trasse un lungo sospiro :" Credevo mi proponessi di pulire il bagno di servizio" commentò, tornò seria :
" Sì, è una proposta perfetta, visto che ho anche lo studio, ovviamente preferirei non rincasare tardi, ed essere... Uhm... Pagata" soggiunse piegando la testa d' un lato e tentando di vedere Léa come il suo capo. Léa si sistemò sullo sgabello dietro il bancone e appoggiò con i gomiti ad esso e rispose a Penny:
"prima c' è un periodo di prova, dopo posso decidere se metterti a pulire il bagno.." sogghignò, "l' orario è dalle sedici fino alle diciannove e trenta, sul salario ci metteremo di certo d' accordo."
Penny Lane la squadrò : " Sono disposta a lavorare in prova per circa 15 giorni lavorati, non di più, quindi discuteremo sul salario e sulle condizioni lavorative, con calma" rispose in tono pacato, avere un padrino avvocato si era rivelato utile, pensò con allegro stupore.
"Una settimana basta e avanza" rispose Léa con tono deciso "i clienti possono farti scoppiare già dopo un paio di giorni.. ora basta sto esagerando sarà la giornata storta a farmi parlare così", accennò un sorriso per stemperare la situazione, "vuoi iniziare domani?"
Penny Lane annuì prontamente : " Sì, domani dalle sedici alle diciannove e trenta, sarai la mia signora e padrona, Lèa, non ti preoccupare, trattare di alcune cose è sempre sgradevole" disse più rilassata.
"Perfetto", Léa si avvicinò a Penny e le strinse la mano per sentirne la deteriminazione e non le mancava di certo, "ora vado a prenderti il libro, per oggi non sono ancora la tua signora e padrona ma solo la tua umile servitrice" Penny rise di gusto : " Mi godrò questa breve parentesi, allora" osservò.

Quando Léa tornò dal retro con la copia della biografia di Sylvia Plath la musica che faceva da sottofondo alla loro conversazione fu interrotta dalla sigla insolita del giornale radio per quell' ora. << edizione straordinaria: il multimilionario Lex Luthor disperso da alcuni giorni dopo un incidente aereo è stato ritrovato su un' isola in mezzo all' Oceano Atlantico da una nave della Marina Militare, dove a bordo si trova anche il padre del giovane, il magnate Lionel Luthor, mistero sulle condizioni fisiche del ragazzo, nessuna notizia invece riguardo la moglie Helen Bryce ed il pilota del Jet, per aggiornamenti vi rimandiamo all' edizione serale del giornale radio. >>

Penny Lane cercò di tradire il suo disagio, ma qualcosa, una sorta di malessere interiore e di rabbia feroce le fece mormorare : "A quanto pare gli squali stanno bene nell' Oceano".
Al contrario Léa rimase immobile per qualche secondo stringendo in mano il libro e con lo sguardo fisso verso la radio, un sorriso nacque sul suo viso, Lex era vivo per adesso quella notizia le bastava e immaginava la gioia del signor Luthor a rivedere il figlio dopo questi giorni di angoscia. Le parole di Penny non la turbarono pensieri simili a quelli erano all' ordine del giorno, specialmente dopo l' incidente, "un nuovo membro del club anti - Luthor" pensò.. "Contro i Luthor Penny?" domandò.
"Si può essere contro qualcosa, non contro qualcuno" ribatté seccamente :
" I Luthor sono persone prive di morale, prive di scrupoli, forse persino di sentimenti, ma questo non lo pensa nessuno, per tutti sono solo uomini con troppo successo, a me delle loro aziende non importa nulla" disse stizzita, la voce dura e aggressiva. "Dal tono della tua voce sembra che ti abbiano fatto qualcosa in prima persona o sbaglio? provò a chiedere Léa " In prima persona ? No... Non mi prendo tanto, ma so di quanta distruzione un Luthor si lasci alle spalle, ed alla devastazione di un' anima che parlo" sibilò piano Penny.
Quelle parole ricordarono a Léa tutti i dubbi e le incertezze che erano nati dopo aver conosciuto i Luthor ma non capiva tutto quell' astio contro quella famiglia che a malapena poteva conoscere.. "forse c' è qualcosa di più" pensò.. "ma non sono affari miei" si ripetè ancora una volta..
" Sia chiaro, non desidero la morte di nessuno, anzi spero che Lex torni a casa e si riunisca alla moglie..." aggiunse Penny, infondo, non era Lex il perno del suo costante rancore.
Penny Lane prese l' agognata biografia, pagò e sorrise :
" A domani, per il grande passo, dunque ?" disse sorridente.
Si, a domani per il grande passo, sorrise a Penny e la accompagnò alla porta, Léa tornò alle sue bolle e fatture che non erano mai stata così leggere da sistemare, la notizia del ritrovamento di Lex e l' assunzione di una nuova ragazza avevano decisamente risollevato la giornata.
 
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Lex Luthor GdR
view post Posted on 1/5/2004, 13:48




Giorno 4 – Ore 18.00. Metropolis.

La sala stampa allestita dallo staff della Luthorcorp era piena di giornalisti. Lex era pronto a fare la sua prima apparizione pubblica. Entrò e si mise in piedi davanti al microfono. Quelli che erano sul libro paga suo o di suo padre applaudirono, gli altri accolsero la sua apparizione con commenti di ogni genere, sussurrati sotto voce.

“Signori” esordì Lex, sotto un bombardamento continuo di flash, “Da questo momento potete considerarmi ufficialmente vivo.” Risatine dei soliti pagati.Ho avuto una spiacevole disavventura che preferisco lasciarmi alle spalle, quindi stasera non sentirete da me il resoconto del mio incidente. In verità vi ho convocati qui per annunciarvi che ho imparato molto da questa esperienza. E così mio padre.” Lionel gli sorrise da dietro le quinte. “Io ho visto la morte in faccia, mio padre ha rischiato di perdere un figlio. Tutto questo ci ha fatto ritrovare la nostra unità familiare, ci ha fatto capire che i nostri obiettivi non erano in contrasto ma lo erano talvolta i mezzi da noi adottati per perseguirli. Quello che mancava, in una situazione del genere, alla Luthorcorp, era stabilità e sicurezza ma ora tutto ciò rappresenta il passato. Lionel Luthor, mio padre, mi ha ceduto il controllo di metà della sua azienda, in aggiunta alla Lexcorp, per la quale provvederò a trovare un abile amministratore delegato che svolga le mie funzioni. Un futuro più roseo e ricco si prospetta per la nostra azienda e, spero, persino per la nostra città e per il nostro paese. Ora se avete qualche domanda...”
Dalla platea si alzarono numerose mani.
“Lei... Dica pure...” Era Peter Gordon, dell’inquisitor, uno dei pagati.
“Signor Luthor, sua moglie era con lei durante l’incidente, cosa ci può dire di lei?”
“Se con mia moglie intende la dottoressa Helen Bryce, ben poco. Di sicuro che non era con me al momento dell’incidente. Ho buone ragioni di sospettare che sia stato tutt’altro che un incidente, del resto. La questione è sotto indagine, per cui non posso dire di più se non che la dottoressa Bryce sembra scomparsa.”
“Grazie è stato molto esauriente.” Di nuovo le mani si alzarono.
“Miss Castle, Metropolis Journal. Che sorpresa trovarla qui. Faccia la sua domanda, prego.”
“Grazie. Quando pensa di riprendere il suo lavoro?”
“Miss Castle... se mi fa domande come queste la gente penserà che ci siamo messi d’accordo prima” disse Lex ammiccante. “Ad ogni modo può rassicurare i suoi lettori. I medici dicono che il mio stato di salute è buono e mi serviranno solo un paio di giorni di riposo. E ora passiamo ad un’altra domanda... vediamo... sì una mi vecchia conoscenza, Lois Lane del Daily Planet.”
Lois era verso il fondo della sala, ma Lex sapeva benissimo della sua presenza e non tardò a scovarla in mezzo alla massa di gironalisti accorsi all'evento. sentendosi nominare alzò lo sguardo disciplinò una ciocca di capelli dietro un'orecchio e cominciò:
“Sì ecco Signor Luthor in effetti il suo invito mi ha colta impreparata..non ero a conoscenza degli sviluppi della sua vita...coniugale.”
Lois gli piantò addosso uno sguardo a metà fra l'inquisitorio e il furioso. “Ad ogni modo ultimamente sono stata in Europa e non ho seguito troppo da vicino le vicende della LexCorp e LuthorCorp. Mi dica, oltre all'attaccamento padre-figlio, cosa ha spinto lei e Lionel a fondere le due società?” concluse la ragazza scribacchiando sul suo taccuino.
“Spero l’Europa sia stata per lei ospitale” rispose lui sorridendo. “e mi fa piacere che nel Vecchio Continente abbiano di meglio da fare che preoccuparsi della mia vita coniugale. Vendendo alla sua domanda, mio padre mi ha ceduto parte delle sue responsabilità aziendali perchè desideroso di ritagliarsi del tempo libero per le sue attività personali. Inoltre la consapevolezza di una gestione concorde a armoniosa ci ha convinto ad unirci per guadagnare maggiore potere sul mercato.” Prima che Lois potesse replicare, o altri giornalisti alzare la mano, Lex fece segno che la conferenza era terminata.
“Ho concluso. Buona serata e buon lavoro a tutti” disse andandosene.
Mentre usciva chiamò accanto a sé una delle sue guardie del corpo: “Bill, vai dalla signorina Lane e invitala gentilmente nella saletta qui accanto... Ho come l’impressione che abbia ancora qualcosa da dirmi...”
 
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Lois Lane GdR
view post Posted on 2/5/2004, 22:59




Metropolis, Giorno 4.

La massa di giornalisti, parzialmente delusa dalla conferenza stampa cominciò ad allontanarsi dalla stanza e nella confusione Lois si sentì afferrare pacatamente un braccio. Si voltò e si trovò di fronte un uomo alto, tutto fasciato in un completo nero, una guardia del corpo non poteva essere altro, che le bisbigliò qualcosa all'orecchio e le fece cenno di seguirlo.
Dopo alcuni istanti Lois si ritrovò in una saletta adiacente a quella dove si era svolta la conferenza. Molto accogliente, arredata con gusto. Al centro una scrivania con alcune carte sopra, un paio di divanetti e un'area adibita a bar. Lois non ebbe il tempo di farsi domande su quella strana convocazione, la porta si aprì e Lex fece il suo ingresso mentre con una mano si allentava la cravatta e si toglieva la giacca.

“Guarda chi c'è..Lex. ottima conferenza, abbottonata, formale, complimenti.” Disse la ragazza battendo la punta della matita sul taccuino che teneva ancora in mano.
Lex si versò due dita di whisky con ghiaccio.
"Ti posso offrire qualcosa" disse rivolto a Lois "prima che tu metta via quel taccuino e spenga eventuali registratori?"
“Diffidente e presuntuoso, esattamente come ti ho lasciato. Non ho nessun registratore. Mi hai mandato l'invito per la conferenza così all'improvviso che non ho potuto organizzarmi.” Disse facendo una smorfia di disappunto.
“E comunque mi sorprende che tu dubiti di me. E' un incontro informale deduco e perciò non credo che taccuino e registratore potessero servirmi in ogni caso, sbaglio? Comunque non ho sete grazie.”Concluse piegando il taccuino e riponendolo in borsa assieme alla matita.
Lex si avvicinò e si sedette sul divanetto. "Scusami. Non si è mai troppo cauti con i giornalisti." esitò un attimo. "Ti trovo in forma, era bella l'Europa?" disse infine per rompere il ghiaccio.

“Grazie per i complimenti. In effetti mi sono divertita e ho imparato tanto. Questa esperienza mi ha maturato molto. Ho fatto alcuni cambiamenti nella mia vita, tanto per cominciare sono andata ad abitare da sola, ma appena tornata mi sono accorta che hai fatto notevoli cambiamenti anche tu. Insomma, due matrimoni, sono senza parole..” Concluse Lois abbassando lo sguardo sulle mani.Lex finì il bicchiere d'un fiato e lo appoggiò sul tavolino di fianco al divano. I matrimoni non erano il suo argomento preferito in quel momento.
"A dire la verità il primo... è una faccenda piuttosto complicata, e non mi crederesti. Il secondo si è rivelato una farsa, ma ti assicuro che l'amavo."
“Non ne dubito Lex, ma sai come si dice...ci si innamora sempre delle persone sbagliate e si finisce col soffrire. Cambiando discorso...come facevi a sapere che ero tornata?”
"Quando sei partita mi avevi detto quanto saresti stata via. Poi ho visto il tuo nome su una copia del Planet mentre tornavo e ho pensato di invitarti anche per vedere come te la cavavi come giornalista..."
“E come me la cavo? penso di essere stata abbastanza contenuta. Avrei potuto e voluto dirti altri miliardi di cose la fuori, ma non mi sembravano ne il luogo ne il momento adatto. In realtà no ho nessun diritto di dirtele, è questa la verità.”
Lex pensò un attimo a quello che si stavano dicendo. "Siamo cambiati dall'ultima volta che ci siamo visti ecco qual'è la verità. Così cambiati da non riconoscersi l'un l'altro, tu non sei la persona che ho lasciato un anno fa, e così io... Per questo tu non puoi dirmi nulla né io posso dirlo a te. Siamo estranei."
Lex sentiva un vuoto enorme mentre pronunciava quelle parole. Gli sembrava tutto così strano, così assurdo che era quasi nauseato. "Credo che prenderò qualcos'altro da bere" disse alzandosi e andando verso il bar.
“Se siamo così cambiati perchè hai voluto vedermi? Per convincermi ad addolcire l'articolo che pubblicherò domani forse?” Lois si fece uscire un sorriso forzato sulle labbra.
Lex le voltava le spalle "Ho voluto vederti perchè speravo fosse tutto come prima. Speravo di poter avere ancora qualcuno da amare come amavo Helen. Mi dispiace."
“Lex...” Lois era rimasta spiazzata da quelle parole. Forse sarebbe stato inutile dire tutte le cose che avrebbe voluto, le aveva già dette lui per entrambi. Gli si avvicinò cercando di incrociare il suo sguardo. “Perchè mi hai lasciata partire? Avremmo potuto, beh lo sai...”
Lex ricambiò lo sguardo "Non voglio pensare a come sarebbe potuta essere la nostra vita se tu fossi rimasta. Dovevamo pensarci prima, ora è troppo tardi."
“A questo punto è stato meglio aver fatto tutto ciò che ho fatto da un anno a questa parte. Cambiare vita, paese..e mi stava riuscendo bene anche..finché non ho saputo di lei. Ad ogni modo credo che ci siamo detti tutto” proseguì asciugandosi una lacrima con la mano e tornando a prendere la borsetta che era rimasta sulla poltrona “se non ti spiace io andrei, ho alcune cose da sbrigare in redazione e poi devo scrivere questo articolo, Perry lo vorrà prima di subito, perciò..stammi bene Lex” concluse aggiustandosi lo spolverino e dirigendosi alla porta.
Lex si sentiva amareggiato e scontento per quello che era successo. Sperava di trovare in Lois qualcosa che lo distogliesse dall'amore e dall'odio che provava per Helen, ma ormai quei sentimenti offuscavano tutti gli altri rendendoli vani. "Ci proverò" rispose. "Buon lavoro Lois e riguardati." Poi aspettò che uscisse e con una violenta ira gettò il bicchiere per terra frantumandolo in mille pezzi, ognuno dei quali rifletteva il suo volto deformandolo. In quel momento si chiese se potesse ancora definirsi un essere umano.
 
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Martha Kent GdR
view post Posted on 8/5/2004, 15:25




4 giorno – Sera – Smallville – Kent Farm

Martha era sola in casa, Jonathan era ancora fuori a cercare suo figlio. Era appena stata dimessa dall'ospedale, e stava cercando di tenersi la mente impegnata facendo dei piccoli lavoretti in casa. Ma per quanti ne cominciava, nessuno veniva portato a termine. Si sedette a tavola e si mise le mani nei capelli.

"Povero Clark... dove sarà adesso non posso pensare che gli sia successo qualcosa! Non ci posso credere Clark non si è mai comportato così! Non è dai lui non farsi sentire per così tanto tempo! Quando tornerà? Spero che Jonathan lo trovi! E spero che stia bene…"
In quel momento sentì uno schiocco subito fuori di casa. Sentendo in cuor suo la verità e ignorando le fitte di dolore che gli salivano lungo tutto il corpo uscì di casa e vide con gli occhi colmi di lacrime il figlio sano e salvo. Gli corse incontro gridando di gioia.
"Clark! Clark! Oh Clark, sono stata tanto in pensiero!"
"Ciao mamma!"
Martha continuò a piangere e a baciare il figlio.
"Coraggio mamma, adesso è tutto finito. Sto bene."
Rientrarono in casa.
"Mamma senti… mi dispiace per il bambino. Lo so, è tutta colpa mia, ma ti assicuro che non…"
"Non abbiamo mai incolpato te. Tuo padre voleva solo cercare di insegnarti a non essere impulsivo… tutto qua."
"Beh, non è che abbia imparato molto, vista la mia reazione."
Martha si avvicinò per abbracciare il figlio, ma Clark indietreggiò.
"L'avvertimento di Jor-El è ancora valido."
"Lascia perdere Jor-El. Non devi fare ciò che ti dice lui, ma solo ciò che vuoi."
"Ma non sempre ciò che voglio è giusto."
"Il giusto dipende da te Clark. Noi possiamo consigliarti, ma per ciò che riteniamo noi che sia giusto. Se tu ritieni che una cosa diversa lo sia devi scegliere la tua via, però devi anche essere pronto ad affrontare eventuali errori e conseguenze."
Si misero entrambi a sedere.
"Non so cosa fare. Ma una cosa è sicura. Devo affrontare i miei demoni interni. Non posso continuare a scappare da essi."
Guardò verso la madre
"Beati voi adulti che non avete problemi. Certo, la giovinezza è una cosa bella, ma ci sono tanti di quei problemi…"
Martha lo guardò.
"Sai che quando avevo circa la tua età feci lo stesso discorso a mia madre?"
"Davvero?"
"Sì" Disse annuendo.
"E cosa ti rispose?"
Martha abbozzò un sorriso.
"Mi disse: Che cosa vuoi sapere tu, i ragazzi soffrono esattamente come gli adulti."
"Probabilmente è vero…"
"No che non è vero!"
Clark alzò la testa verso la madre e la guardò con uno sguardo interrogativo.
"Perché è vero che entrambi possono avere problemi analoghi, ma gli adulti come me hanno due grandi armi contro quei problemi"
"E quali sarebbero?"
"Beh, la prima è l'esperienza. Cioè poter dire: Ah, questa cosa l'ho vissuta e sono sopravvissuta. Posso sopravvivere di nuovo"
"E la seconda?"
"La seconda sei tu Clark. Anche avendo il problema più grande vedere la tua faccia mi ricorda quanto devo stringere i denti per poterti vedere ancora una volta."
Gli carezzò il viso. Clark sorrise.
"Ti voglio bene mamma!" le disse abbracciandola
"Ti voglio bene anche io Clark!" gli rispose lei
In quel momento entrò Jonathan in casa

"Martha, ho girato tutta Smallville, di Clark nessuna traccia. Domani mi dirigerò a Metropolis e…"
Si fermò di scatto vedendo il ragazzo seduto sul divano del soggiorno
"Clark!"
Si gettò su di lui e lo abbracciò con gli occhi pieni di lacrime.
"Papà, mi sei mancato"
"Clark, senti..."
"Non importa."
"No, davvero, mi dispiace di averti trattato così."
"Mi dispiace a me di avervi provocato tanti guai."
"Sono guai che abbiamo deciso che saremmo stati disposti a rischiare quando ti abbiamo adottato."
Clark sorrise ai suoi e li abbracciò.
"Adesso, se non vi dispiace vorrei andare a letto. Domani devo andare a scuola."
Clark si diresse verso la sua camera e i suoi fecero altrettanto verso la loro. Finalmente Martha poté dormire un sonno tranquillo.....
 
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94 replies since 2/2/2004, 02:21   38071 views
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