Smallville Italia

Mad World, 2° episodio GdR

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Lex Luthor GdR
view post Posted on 9/5/2004, 23:23




Giorno 5, Mattino. Metropolis

Lex Luthor si era svegliato presto. Avrebbe dovuto riposarsi, gli avevano detto i medici, ma non riusciva a dormire oltre. La sua mente, da quando aveva ripreso la memoria, era un turbinio di pensieri e di cose da fare. Si alzò dal letto e si mise in piedi di fronte alla finestra del suo attico, dove aveva passato la notte. La luce intensamente gialla che seguiva al rosa dell’alba si rifletteva sui tetti di Metropolis. Lex dominava estasiato questo panorama. “E’ questa la città che amo. Come ho fatto a non accorgermene in tutto il tempo che ne sono rimasto lontano?” Non ci voleva molto, da quel punto di osservazione privilegiato, a sentirsi padrone di ogni strada, di ogni edificio e degli abitanti che cominciavano a uscire di casa, come tante piccole formiche intente a procacciarsi il cibo. “Metropolis... un giorno sarai mia... diventerai ancora più grande sotto la mia guida...” la città cominciò a pulsare coi frenetici ritmi dei giorni feriali, quasi in risposta a questi pensieri. Lex si fece una doccia, si vestì elegantemente e mise in tasca il piccolo pezzo di kryptonite rossa che aveva portato dall’isola. Il suo pensiero corse per un attimo al padre che lo aveva salvato e gli aveva lasciato metà della sua azienda. Paradossalmente egli era ormai l’unica persona di cui potesse fidarsi dal giorno del tradimento di Helen.... “Helen”... ripetè mentalmente questo nome... provava per lei un odio così forte... reso ancora più vivo dal fatto che l’amava con tutto il cuore. Il giovane Luthor uscì dal palazzo davanti al quale lo aspettava una lussuosa limousine con autista. Quel sole splendente, ma così diverso da quello dell’isola, così artificiale, gli dava un senso di sicurezza e gli faceva dimenticare persino l’amarezza dell’incontro con Lois, il giorno prima. L’autista lo fece salire.

“Splendida giornata vero signor Luthor?”
Lex guardò l’azzurro del cielo decorato dalla meccanica lucentezza dei grattacieli.
“La migliore da molto tempo, Adam.” Rispose.
“Felice di sentirglielo dire. Dove la porto signore?”
“Ai laboratori Cadmus, grazie.”
“Subito signore.”
Adam partì mentre Lex guardava assorto fuori dal finestrino la varia e meravigliosa umanità che si riversava sulle strade.
“Ah Adam...” disse all’improvviso.
“Sì signore?”
“Non ho molta fretta, prendi la strada panoramica.”
“Certo signore.”

Mentre Adam svoltava, Lex si rendeva conto di avere finalmente un chiaro progetto su dove e come condurre la sua vita. Poco importava il fatto che coincidesse così tanto con ciò che suo padre aveva programmato per lui e che aveva così tenacemente evitato per anni. Per la prima volta nella vita sapeva esattamente cosa voleva. “Metropolis... un giorno sarai mia...” e un bagliore nuovo gli illuminava gli occhi...
 
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Chloe Sullivan GdR
view post Posted on 14/5/2004, 15:29




Giorno 5, Mattino - Smallville High School

Il sole era già alto e Chloe camminava tranquillamente per i corridoi della scuola. La giornata precedente, stressante e interminabile, era stata occupata dalle sue indagini personale, i colloqui con la polizia e la redazione del Torch. Uscita dall’ospedale, infatti, dovette riferire alla polizia cosa accadde la sera precedente, fu trattenuta alla stazione di polizia per un infinità di tempo. Non le sembrava vero quando un gentile poliziotto le disse che poteva andare e che l’avrebbero contattata se avessero scoperto qualcosa. Giunta ormai tardi a scuola, venne a conoscenza della possibilità che Clark fosse a Smallville. Ben due volte tentò di chiamare a casa Kent ma dopo aver composto le prime cifre del numero di telefono, restava come paralizzata. Rifletteva su quello che avrebbe detto soprattutto se a rispondere fosse stato Clark. Non trovando le parole giuste, riappese la cornetta. Era ancora lì, immobile davanti al telefono, quando ricevette la telefonata della polizia che l’invitava a recarsi nuovamente alla centrale. Credevano di aver trovato l’identità della misteriosa donna che poco dopo Chloe riconobbe da una fotografia. Le riferirono l’indispensabile, e tutto nella sua mente fu chiaro e limpido. Si trattava di Desiree Athkins che era stata una sua professoressa ed era nientemeno che un evasa. Spiegava molti quesiti: il perché sparì all’improvviso, come mai conosceva il suo nome e perché le ricordava qualcuno. Fu proprio tutta la vicenda a ispirarla per la nuova edizione del Torch. Si impegnò tutto il pomeriggio per scrivere l’articolo e fu molto entusiasta del risultato. Solo di sera si ricordò di Clark, non perché non fosse importante ma perché in qualche modo cercava di non pensarci. Se si precipitava da lui, avrebbe dato l’impressione di una che attendeva il suo ritorno e ripensando a come l’aveva trattata, era cosciente di dover rendere la banale questione qualcosa di relativamente importante. Meditava su tutto ciò mentre apriva la porta del Torch, ignara che proprio quel giorno avrebbe avuto un inaspettata visita.

Edited by Chloe Sullivan GdR - 28/5/2004, 15:13
 
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Lex Luthor GdR
view post Posted on 16/5/2004, 23:44




Giorno 5, Laboratori Cadmus, ore 14.00.

L’obiettivo principale di Lex ai laboratori Cadmus era scoprire se l’incidente con la kryptonite rossa avesse avuto ripercussioni sulla sua salute. Durante la mattina era stato sottoposto a numerosi esami di varia natura e ora il capo ricercatore tornava con i risultati.

“Non abbiamo riscontrato alcuna anomalia in lei signor Luthor”
Lex fu sollevato. “Molto bene dott. Metz” disse, “ho nuove disposizioni da darle. Ma non prima che mi abbia aggiornato sulle attività dei laboratori.”
“Non ci sono molte novità, temo. Il reparto chimico che sta lavorando sui meteoriti è a un punto morto... Se potessimo disporre di altri reperti provenienti dallo stesso pianeta forse...”
Lex estrasse di tasca il piccolo frammento di kryptonite rossa rinchiuso in una busta di plastica.
“Spero che questo basti, sto investendo molto in queste ricerche e vorrei ottenere risultati, non scuse”
Il dott. Metz prese l’oggetto meravigliato.
“Credevo che la varietà rossa fosse solo una bufala. Se questo è veramente un meteorite... ci sono buone probabilità che possa rivelarsi molto utile.”
“Sarà meglio. Presto le farò recapitare anche i rapporti scientifici del livello tre, credo troverà informazioni interessanti.”
“Lei non finisce mai di stupirmi signore.”
“Sarà meglio che sia lei a stupire me d’ora in poi, se vuole mantenere il suo ben pagato posto di lavoro.” Rispose sprezzante. Metz pensò bene di trattenere gli insulti che aveva in mente.
“Un’ultima cosa dottor Metz...” fu interrotto dal telefono. “Dimmi Trent... Così è ancora al castello? Bene. Me ne occupo io.” Lex attaccò e compose un altro numero. “Adam, potresti venire subito qui? Devo essere a Smallville entro stasera e vorrei prima cambiarmi.” Conclusa la telefonata si rivolse al suo dipendente. “Dottor Metz, se vuole scusarmi, alcune più urgenti faccende necessitano della mia attenzione. Lei proceda pure col lavoro, mentre io faccio visita al mio caro fratello minore...”
 
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Lucas Luthor GdR
view post Posted on 27/5/2004, 22:46




Giorno 5, Smallville, Castello Luthor, Sera.

Lex aprì violentemente la porta dello studio. Lucas, stravaccato su un divano e intento a guardare un qualche film su un televisore maxischermo, ebbe appena il tempo di girare lo sguardo verso di lui prima che il fratello lo aggredisse con tono gelido.

"Credevo avessimo un accordo, Lucas. Io ti proteggo da nostro padre, tu stai fuori dai piedi. Ma a quanto pare è bastata una mia assenza di qualche giorno perchè tu occupassi la mia casa..."

Lucas rimase fermo ancora per un momento, aggrottando le sopracciglia. "Buongiorno anche a te, Lex. Speravo proprio che ti sbrigassi a tornare." Zittendo la TV con il telecomando, buttò le gambe giù dal divano e si alzò in piedi con la scioltezza tipica dei Luthor. "Questo mausoleo mi stava già tirando matto. Come fai a resisterci?"

"Non ci resterò ancora a lungo, infatti. E comunque non mi sembra che ti stia trovando tanto male. Del resto avresti ereditato tutto, se io non fossi tornato."

"Se non fossi tornato..." Lucas gettò indietro la testa. "...sei proprio sicuro che nostro padre si sarebbe affrettato a buttarmi le braccia al collo? Non ci siamo lasciati esattamente in termini cordiali, ti pare?"

Lex lo guardò irritato "Vorresti allora cortesemente spiegarmi cosa sei venuto a fare qui?"

Lucas scrollò le spalle, girandosi e avanzando di qualche passo verso la vetrata. "Ho sentito che eri sul punto di formare una tua famiglia. Così ho pensato..." Trasse un profondo respiro, evitando lo sguardo del fratello. "Sono stanco di vivere come un cane randagio, Lex. Anche sotto la tua protezione."

Lex non gradì il riferimento alla famiglia, ma fece finta di niente. "Potrei facilmente cacciarti di qui, ma tutto sommato mi sei simpatico. Senso di responsabilità. Ecco quello che ti manca, secondo me." Lex si sedette di fronte al fratello. "Voglio farti una proposta. A te piace Smallville, ti piace questo castello e ti piace non rimanere a corto di soldi. Potrai avere tutto questo se accetterai di dirigere la Lexcorp al posto mio, mentre io mi occupo della Luthorcorp."
Lucas si voltò di scatto, le sopracciglia aggrottate. "La Lexcorp? Io?!" Scrollò la testa con forza. "Lex, io non mi intendo di consigli di amministrazione, budget finanziari, mercato azionario e... Ho detto che non voglio più vivere da cane randagio, non certo che intendo farmi mettere alla catena!"

"Sei un ragazzo sveglio Lucas e sei all'altezza di questo compito. Puoi rifiutarti, certo ma in questo caso ti conviene preparare i bagagli in fretta..."

Lucas alzò la destra a fermarlo. "Aspetta! Lex... " scrollò la testa, con le labbra socchiuse in cerca delle parole. "Lex, io non sono te. Lo capisci? Non posso diventare te. Non voglio."

I due fratelli rimasero a guardarsi per un lungo momento, l'uno di fronte all'altro - del tutto diversi e stranamente simili. Lex non si scompose.

"Forse no.” mormorò dopo una lunga pausa. “Ma vuoi rimanere a Smallville e io ti sto offrendo la via più semplice per farlo. Fra due giorni ripartirò per Metropolis, confido che per allora vedrò firmato questo contratto di assunzione...” Lex gettò sul tavolo il pezzo di carta “... o le tue cose fuori dal castello.” Lucas era attonito, mentre Lex usciva dalla stanza. “La scelta è tua fratellino, cerca di non pentirtene. Se mi cerchi sono nella stanza degli ospiti, stammi bene.”

“Lex!”

Lex si arrestò sulla soglia, si girò lentamente. Un ultimo raggio di sole, filtrando fra le cime degli alberi nel parco, illuminò la vetrata accendendo di rosso i capelli di Lucas mentre i suoi lineamenti diventavano illegibili in controluce. Lex attese, sollevando le sopracciglia in un muto messaggio, i riflessi dei vetri che creavano ombre colorate sul volto e sul cranio lucido.
“Lex, io sono venuto qui con l’intenzione di parlare a mio padre. Che ti piaccia o no.”

”Come hai sottolineato tu stesso, non credo che lui sia molto ansioso di gettarti le braccia al collo. Ad ogni modo la cosa non mi riguarda. Se devi parlargli chiamalo. Ci vediamo.”

Come ad un segnale convenuto, il raggio di sole si spense non appena Lex riprese a muoversi; il tempo per gli occhi del fratello di adattarsi alla semioscurità, ed era già scomparso. Lucas rimase fermo, i pugni stretti, ad ascoltare il suo passo leggero che si allontanava lungo i corridoi del Castello, a fissare la porta che non si era curato di richiudere.
 
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Lionel Luthor GdR
view post Posted on 27/5/2004, 23:08




Giorno 5 - Smallville - Sera

La Casa-Madre era un grigio e anonimo edificio a due piani, situato qualche chilometro a est di Smallville, in un’area recintata di vecchi capannoni abbandonati di proprietà della Luthorcorp. Certo non il posto migliore per allevare bambini, ma dotato di un sistema impenetrabile ma discreto di squadre di sicurezza, telecamere e allarmi a infrarossi.
La Jaguar verde venne parcheggiata sul retro e Lionel venne fatto entrare da una porta secondaria.
Il dottor Harker e la sua assistente Miss Murray lo informarono velocemente dei nuovi sviluppi e lo scortarono attraverso l’intrico di corridoi fino alla stanza sorvegliata costantemente da guardie in borghese.
La cameretta non si discostava da quella di una qualsiasi bambina di quell’ età: era tappezzata di rosa, con un morbido letto a baldacchino e decine di libri e giocattoli sparsi in ovunque.

“Ciao Emily” la salutò festoso Lionel con il suo “tono speciale”.
La bimba accorse: indossava un grazioso vestitino verde chiaro e aveva i capelli raccolti in due treccine scure.

“Ciao zio Lionel” gli rispose sorridendo. Il suo sorriso però si limitava alle labbra; i suoi occhioni lo scrutavano seri.
Lionel si sedette su un grazioso sofà a fiori, e lei gli si sedette accanto, composta.

“Dove sei stato zio?” domandò.
“Sono dovuto andare molto lontano, Emily” rispose lui prendendole la manina e guardandola negli occhi.
“Sono dovuto andare per mare, sull’ Oceano, a cercare una persona a cui voglio molto bene”.
“Come io voglio bene a Batuffolo?” chiese lei.
“Di più tesoro, molto di più” rispose Lionel.
Lei rimase silenziosa per un attimo, come a soppesare le sue parole.

“E un giorno me la farai conoscere questa persona?” domandò.
“Si cara, la conoscerai. Ma ora dimmi” chiese lui “come sta Batuffolo?”
La bimba si rabbuiò “E’ stato cattivo”.
Lionel la guardò interessato.
“L’ho chiuso nella sua gabbia. E’ là” disse indicando la gabbietta bianca nella quale il coniglietto dormiva.
“Capisco” disse Lionel serio, stupito da come la bimba sostenesse il suo sguardo senza il minimo timore.
“Ti ho portato un regalo” continuò “Aprilo” disse porgendole una grande scatola di raso azzurro.
Lei lo aprì, e il visino le si illuminò.
“Una bellissima bambola per la mia bellissima bambina” le disse lui sfoderando un sorriso da stregatto.
“Grazie zio” disse Emily abbracciando la costosa bambola francese di porcellana, dai lunghi capelli veri e il vestito di velluto rosso cupo.
“Ho anche un’altra sorpresa” disse Lionel. Lei lo fissò interrogativa.
“Tra non molto avrai un fratellino tutto per te” annunciò, aspettando la reazione della piccola.
Le gote di Emily si colorarono di piacere, e gli occhi luccicarono di gioia.
“Davvero?? E come si chiama?”
Lionel rise compiaciuto.
Emily lo abbracciò, ignara del grande e oscuro ingranaggio che si era messo in moto.

Oh zio Lionel, dimmelo, dimmelo!!” strillava felice.
“Si chiama Clark, piccola. Si chiama Clark.
 
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Helen Bryce GdR
view post Posted on 27/5/2004, 23:10




Giorno 5 - Edge City - Sera

Helen si aggirava inquieta per la stanza che puzzava di stantio e cavoli fritti. Aveva fatto il solito numero almeno una decina di volte, ma nessuno rispondeva più. Doveva aspettarselo. L’avevano abbandonata. I topi abbandonano la nave quando sta per affondare. E Helen sapeva che un uragano poteva piovere sulla sua testa da un momento all’altro per farla colare a picco. Da quando tutti i principali quotidiani avevano titolato a tutta pagina del ritrovamento del giovane erede della Luthor Corp, la sua vita era in pericolo. Pensò a quel nome che ancora la feriva. Il giorno dopo che aveva abbandonato l’aereo aveva quasi sperato che Lex sopravvivesse. Una follia, lei lo sapeva.
Le era stata promessa una bella cifra, metà subito e metà a lavoro finito. Esattamente come l’altra volta, quando all’ospedale di Metropolis aveva dovuto eliminare l’ex capo della polizia di Gotham, Gordon. A quei tempi suo padre le aveva tagliato i fondi e lei aveva bisogno in maniera impellente di soldi. Non sapeva come quella che lei chiamava La Voce lo avesse saputo, ma un giorno il caro vecchio Paul, l’allora suo fidanzato, le aveva proposto quel lavoretto. Glielo aveva buttato lì, con nonchalance. Una cosa pulita, indolore, nessuno l’avrebbe vista, nessuno avrebbe saputo e lei aveva accettato. I contatti sarebbero avvenuti via telefono, lei aveva un numero da chiamare, loro avevano un suo numero da contattare. Una cassetta dove lasciare la prima metà dei soldi. Semplice. Fu facile uccidere Gordon. Lei sapeva come farla sembrare una morte naturale. Una semplice puntura. In fondo era un vecchio, arresto cardiaco, aveva appena subito un trapianto di cuore. Cose che succedono. Nessuno, come era prevedibile, aveva sospettato di nulla e lei alla fine del lavoro aveva incassato il resto della cifra. I soldi le avevano fatto comodo, ma il potere che si poteva esercitare decidendo della vita e della morte di un altro essere umano, l’aveva esaltata.
Doveva essere solo un lavoro isolato. Ma qualche mese dopo la voce si fece risentire. Non sapeva nemmeno se dietro ci fosse un uomo o un’organizzazione. Le venne proposto un nuovo lavoro, contattare, sedurre, spiare e poi uccidere una persona importante. Un lavoro molto più difficile del precedente. Sì, la cosa poteva interessarla, aveva detto al telefono, ma voleva sapere di chi si trattava. Quando sentì il nome di Lex Luthor, l’unico erede dell’impero Luthor, accettò senza riserve. Era una sfida che non poteva rifiutare. Chiese il trasferimento immediato all’ospedale di Smallville. Venne accettata subito, in fondo con il suo curriculum di studi non poteva essere così:era sempre stata la migliore in tutto. Ricordava come fosse ieri quella notte, una delle sue prime notti, al pronto soccorso di Metropolis quando era arrivato quel ragazzo ubriaco. Vomitava l’anima, era fatto di alcol e di qualcosa d’altro…Ci impiegò tutta la notte a farlo riprendere. Il primario era stato categorico. O tira fuori dal pericolo il figlio di Lionel Luthor o la sua carriera nel mondo della medicina è finita qui. Anni di studi rovinati da un ragazzetto ricco e viziato. Lei che dopo che il padre le aveva sbattuto la porta in faccia si era fatta strada da sola…
Sì Lex era la preda ideale, avrebbe goduto a farlo fuori. Aveva studiato molti fascicoli su di lui prima di approcciarlo all’ospedale. La fortuna era dalla sua parte e l’incontro era stato del tutto casuale. L’iscrizione al corso di Anger Management era invece stato un suo colpo di genio. Ed aveva funzionato. Pensava sarebbe stato un lavoro duro e invece in pochi mesi Lex le era caduto praticamente ai piedi. Come se lo era rigirato.
Eppure nonostante questo era accaduto qualcosa che lei non aveva previsto. Lex l’aveva lasciata penetrare dietro quella facciata del ricco e arrogante miliardario. Si era fatto un uomo capace di condurre da solo un’azienda, era in grado di sfidare il padre, e, cosa che lei non avrebbe creduto, era capace di sentimenti autentici pur nella sua spietatezza. Aveva in sé un animo nero e contorto che l’attraeva ancora di più. In lui lei si rispecchiava. Forse per questo era stato così facile farsi chiedere in sposa. La notizia si era diffusa in fretta tra i giornali. La telefonata dei suoi mandanti era arrivata categorica. Dopo il matrimonio doveva uccidere Lex. Le era stato spiegato anche il piano. Il pilota dell’aereo sarebbe stato del gruppo.
Aveva passato diverse informazioni alla Voce sulle attività alla LexCorp e sulle attività del padre, compresa la notizia dello strano sangue del figlio di quei contadini dei Kent. Il sangue era stata una buona occasione per tirarsi indietro con Lex, ma mentre percorreva la strada per Metropolis aveva distrattamente letto la notizia del suicidio di Paul in manicomio. Lei non ci credeva, lo avevano ucciso. Le sembrava chiaramente un avvertimento. Aveva girato la macchina ed era tornata indietro. Non sapeva perché volevano morto Lex, se per vendetta o per semplici affari, ma ormai poco importava. Quando però si era trovata sull’aereo aveva esitato. Aveva due possibilità: usare il sonnifero o il veleno. Col secondo sarebbe andata sul sicuro e al momento del ritrovamento sarebbe stato impossibile per chiunque trovarne le tracce, ma qualcosa dentro di lei glielo aveva impedito. Decise per il sonnifero, sarebbe morto lo stesso nel precipitare dell’aereo.
Tornata a Metropolis aveva fatto il solito numero. Appena le avessero dato i soldi sarebbe sparita, con un nuovo passaporto e una nuova identità…La Voce le disse che volevano aspettare qualche giorno, giusto per aver la certezza che Lex fosse morto. La cosa la inquietò. E lei in cuor suo si era quasi augurata che quel vecchio bastardo di Lionel ritrovasse il figlio, pur sapendo che era un suicidio. Ed era accaduto! Un miscuglio di sentimenti le si era affacciato nella testa: gioia all’inizio, e poi paura. Quanto ci avrebbero messo Lex o suo padre a capire tutto? Aveva cercato di contattare i suoi o il suo mandante. Nessuno. Erano spariti. Anche il tipo che doveva farle il passaporto era sparito. Ora che aveva fallito non sapeva di chi dovesse avere più paura.
Era fuggita presto dalla stanza di Metropolis in cui aveva pernottato, aveva ritirato tutti i soldi in banca, aveva evitato stazioni e aereoporti e, rubata una vecchia macchina, si era rifugiata nella bettola più infima di Edge City, dove non facevano troppe domande e non chiedevano troppi documenti. Aveva dato un nome falso: Emmanuelle Vaugier, chissà come le era venuto. Ma non era tranquilla, sapeva che era in pericolo e che doveva muoversi da lì. Ma senza un documento falso era un problema. Non sapeva che fare, ma sapeva che qualcosa doveva fare…
 
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Chloe Sullivan GdR
view post Posted on 28/5/2004, 14:08




Giorno 5 - Smallville High School - Sera

Il sole era tramontato da poco. Chloe era nel suo ufficio intenta a leggere in un noto quotidiano un saggio sull’importanza del giornalismo nella società moderna scritto da un abile e rispettabile redattore. La futile luce emessa dalla lampada della sua scrivania le permetteva di saggiare ogni singola parola, che assimilava non senza una sua intelligente asserzione. Quella debole illuminazione dava ai suoi capelli una tonalità di biondo spento e un aria piuttosto cupa e tenebrosa, non congiungibile a Chloe.Il silenzio della solitaria stanza fu spezzato da una voce maschile che bussando alla porta aperta disse: “Ehmm….ciao Chloe.”
Chloe, prima di voltarsi, fece cenno con la mano d’aspettare un minuto. Quell’attimo che le serviva per non perdere il filo del discorso e per concludere la lettura dell’articolo. Poi si rivolse verso l’individuo, fu sorpresa da quella visione. Si alzò dalla sedia e gli andò vicino.Clark? Non solo era meravigliata e confusa ma perplessa “E’ lui!!” pensava e intanto gli tastava il braccio muscoloso. Chloe voleva essere sicura che fosse proprio lui e non il frutto della sua immaginazione. “Dove sei stato? Io e Lana eravamo in pensiero… e poi te ne sei andato…
“Beh, sono venuto a dirti che mi dispiace.”
Mi dispiace?… Clark mi avevi promesso che non mi avresti …”
“Mentito? Lo so, non avrei dovuto farlo e tenerti all’oscuro di tutto.” Clark sembrava sincero e Chloe non ebbe bisogno di parole, un enorme sorriso avvolse il suo volto.
“Beh, possiamo andare a prenderci un caffè no? Così chiariamo anche la questione con Lana” Chloe accettò volentieri, spense il lumino e prese la borsa. Nel chiudere la porta del Torch distrattamente la lasciò cadere e il contenuto uscì fuori. Fu allora che Clark si abbassò per aiutarla a raccogliere gli oggetti e iniziò a sentirsi male.Clark stai bene?Velocemente buttò tutto dentro, insieme si rialzarono e sembrò tutto tornare come prima.Prendiamo la mia macchina, meglio che guidi io.In breve salirono nell’auto e si diressero verso il Talon. Clark chiese a Chloe di posteggiare non troppo vicino e le propose di fare una breve passeggiata per chiarirle un po’ di dubbi. “Conoscendola mi tempesterà di domande” Chloe ubbidì e parcheggiò un po’ lontano dal locale. Appena pochi passi e da un vicolo uscì un uomo ripugnante che afferrò Chloe per i capelli. Era alto, quanto Clark, ma il doppio più robusto. Un suo braccio era grande quanto una gamba di Chloe. Era nero, pelato e sulle braccia, petto e sulla nuca aveva tatuata la scritta "DIE". Aveva una benda su un occhio. L’uomo costrinse i giovani a salire in macchina e li obbligò a dirigersi verso un dirupo. Lì, iniziò ad urlare, talmente forte che le vene del collo gli si ingrossarono per lo sforzo. Trascinò Chloe per i capelli fuori dall’auto. Fu allora che Clark decise di intervenire. Adesso era in gioco la vita di Chloe, oltre che la sua e non gli importava niente di usare i suoi poteri davanti a lei, pur di salvarla. Clark si mosse a supervelocità dietro al nemico e lo atterrò. Lui lasciò cadere Chloe e si concentrò su Clark. Solo allora lui lo riconobbe
"Tu sei Spike. Quello che ho battuto sul ring mentre ero a Metropolis."
"Già. Tu sei il ragazzo che mi ha cecato ad un occhio. Come hai fatto?"
Clark guardò Chloe. Lo aveva visto mentre usava supervelocità e superforza. Ormai mentire era inutile
"Sono in grado di sparare fuoco dagli occhi."
"Ma bene" disse Spike "La tua confessione ti costerà la vita!" "Non ne sono sicuro, sono anche superveloce" Clark si mosse a supervelocità, ma si ritrovò per terra, senza che avesse ben capito come ci fosse finito.
"Clark!!" gridò Chloe
"Sto bene" assicurò lui, poi disse, rivolto a Spike "Come hai fatto?"
"Vedi..." disse lui con un ghigno "Non sei l'unico ad avere poteri speciali. Anche io ho il mio potere." detto questo si trovò automaticamente alle spalle di Clark "Sono in grado di fermare il tempo finché trattengo il fiato. Il tempo scorre solo per me"
Dette un pugno a Clark che andò a sbattere contro un albero. Spike sradicò uno di essi
"Sono anche io superforte!!" e lo gettò contro Clark. Ovviamente l'albero si spezzò.
"Sei anche resistente a quanto vedo......."
Detto fatto si portò davanti a Clark e gli mollò un pugno che lo fece sbattere contro la macchina. La borsetta di Chloe cadde e si aprì. Clark cominciò a stare male.
"Ti fa male eh??" Spike si diresse verso Chloe che aveva osservato tutta la scena. La prese per il collo e la sollevò.
Chloe cercava in tutti i modi di liberarsi ma la stretta era sempre più forte. I suoi occhi si incrociarono con quelli di Clark che ancora si contorceva per il dolore. In faccia le si leggeva il terrore… sembrava rassegnata alla sua imminente morte.
 
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Léa Brialy GdR
view post Posted on 1/6/2004, 13:25




Giorno 5 - Smallville - Sera

Un semplice biglietto bianco, fino a pochi momenti prima era riposto in un mazzo di cento rose rosse, ora quel piccolo cartoncino si trovava fra le dita di Léa.

Now it's dark

Into the night
I cry out
I cry out your name
Into the night
I search out
I search out your love.
Night so dark
Where are you?
Come back in my heart
So dark
So dark.

Into the night
Shadows fall
Shadows fall so blue.
I cry out
I cry out for you.

Night so dark
Where are you?
Come back in my heart
So dark
So dark
So dark


"p.s.: I MISS YOU"
firmato L.L.

Continuava a rileggerlo quasi a volerne imparare a memoria il contenuto per non vederlo sparire all' immprovviso come la persona che aveva scritto quelle parole, Lionel Luthor. Dopo un periodo di frequenti visite in libreria iniziò a farsi vedere saltuariamente e questo Léa non lo sopportava, voleva credere che quell' uomo ritenesse importante quei momenti quanto lei, che aspettasse quegli incontri con la sua stessa emozione, voleva che provasse rabbia quando per qualche impegno non poteva passare al negozio e parlare e scordarsi per qualche istante delle altre vite intorno a loro. Quella rabbia ora la provava Léa, quell' unica persona con cui sentiva di potersi confidare su ogni argomento non varcava da tempo la porta dinnanzi a lei, ma quel biglietto aveva risvegliato la sua voglia di vederlo e di stare vicino a lui. << Dove sarà in questo momento? Perchè non è venuto da me? Cosa vuol dire veramente questo biglietto? Sono solo parole o anche lui prova gli stessi miei sentimenti? Deve saperlo, dell' età non mi interessa nulla, solo con lui sento risvegliare ogni fibra del mio corpo, deve stare accanto a me. >>
Léa rimese il biglietto fra le rose, chiuse il negozio e prima di uscire prese fra le mani il mazzo di rose ma il piccolo urto fece cadere il cartoncino di Lionel sul bancone fra le buste per preparare i pacchetti e i fiocchetti per ornarli.

Qualche ora più tardi a casa di Léa..

Quando il campanello trillò, Léa stupita si avvolse in una vestaglia di seta orientale e scese a vedere di chi si trattasse a quell’ora.
Era parecchio tardi, anche se la notte estiva regalava a Smallville un cielo chiaro e stellato che invogliava i giovani ad uscire e gli adulti a godere della brezza nelle verande sorseggiando bibite ghiacciate; una figura molto alta in un completo nero casual si stagliava di schiena nel piccolo patio antistante la porta d’ingresso, le mani affondate disinvoltamente nelle tasche, e lei dopo un istante di esitazione riconobbe le spalle larghe e i ricci scuri, e si convinse ad aprire.
Lui si voltò e al vederla una nuova luce sembrò colmare i suoi occhi del colore del mare.
Léa sentì un tuffo al cuore.

“Mia cara” disse lui prendendole le mani, e lei potè assaporare il suo profumo e provare di nuovo nello stomaco la sensazione strana e dolce che le dava quando le stava fisicamente così vicino.
Lionel si trovava davanti a lei, seppur vestito con abiti elegantemente informali sembrava fuori posto sul piccolo retro di casa sua.
Léa non sapeva come rivolgersi, dopo i fiori di quella sera voleva solo chiamarlo Lionel ed abbracciarlo, chiedergli come stava e parlare di loro due, ma la timidezza e l' imbarazzo la spinsero a sibilare solo un: "signor Luthor.. sono contenta di vederla dopo tutto questo tempo, grazie per i fiori e per il biglietto.." Léa sentì quegli occhi verdi scavarle dentro e leggere tutto.
"Non sono qui come il signor Luthor ma come Lionel."Lui le prese la mano tra le sue e la baciò, "fammi l'onore di accettare il mio invito, Léa. Vieni con me a teatro dopo domani." Accetto volentieri rispose... Lionel... Léa pensò "brava continua così una dialogo così articolato non l' hai mai sostenuto.." Ma come poteva fare? Dopo il biglietto e le rose di qualche ora prima Léa con quella visita si stava sciogliendo come neve al sole.. l' amarezza per la sua lunga assenza si era dissolta in pochi secondi... Sai, mi sei mancato.. sono contenta di rivederti.. aggiunse con un po' di difficoltà. "Lo stesso vale per me, mia cara" sorrise lui, "ed è proprio per questo che finalmente ho deciso di rivelarmi, ci sono molte cose di cui desidero parlarti, ma ora non è nè il luogo nè il momento appropriato anche se desiderei con tutto il cuore restare con te." Lo desidererei anch' io... ma aspettiamo.. disse Léa con un pizzico di delusione..
"Non essere triste" le disse Lionel carezzandole il viso delicato. "Perchè dopo domani sarà il nostro giorno". Lionel poi si allontanò e Léa lo osservò allontanarsi fino a quando lui, come se lo sapesse, si voltò, sorridendole.

Léa chiuse la porta secondaria che dava sul retro della sua palazzina e accese lo stereo, in quel momento non voleva pensare a l' indomani e la musica le impediva di ragionare, ma ben presto dovette cedere non alle note del pianoforte di una delle sue canzoni preferite, ma al suono dei pensieri che le rimombavano nella testa. "Non immaginavo che Lionel potesse avere questo lato così tenero, forse le recenti disavventure lo hanno cambiato.. o forse con me non è se stesso.." Nonostanteciò i pensieri si spostarono rapidamente sul motivo principale della sua scarsa voglia di rivivere gli ultimi momenti, "ho fallito ancora, volevo dirgli qualcosa di più, eppure neanche con lui ce la faccio, i miei sentimenti riesco a tenerli solo per me," Léa sentì una crescente collera verso se stessa, non riusciva a reggere più quei comportamenti così legati verso le persone a cui teneva. "Domani non posso tollerare un' altro mio simile atteggiamento, lui è l' unica persona che merita realmente un mio cambiamento."
"Perchè domani sarà il nostro giorno" ricordò Léa, cosa avrà in mente? A poco a poco la collera lasciò il posto ad un misto di agitazione e curiosità per quello che un uomo come Lionel Luthor poteva organizzare.
La stanchezza della giornata si fece sentire tutta in un colpo,
"meglio andare a letto, almeno la smetto di comportarmi come una ragazzina al primo appuntamento." Léa si abbandonò ad un sonno senza sogni, per quelli poteva aspettare i giorni seguenti.

Edited by Doriana Luthor - 3/7/2004, 12:52
 
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Desiree Atkins GdR
view post Posted on 2/6/2004, 15:15




Giorno 5-Sera-Smallville........

Desiree arrivò al bar molto pensierosa e giù di morale,e,rispetto alle altre volte,si mise in disparte dai colleghi,gli diede la buonasera,poi non gli rivolse più la parola.
Ormai era arrivata a Smallville da un paio di giorni.Aveva trovato un lavoro,una camera dove poter alloggiare,ma non aveva raggiunto il suo obbiettivo principale:Riappacificarsi con Lex Luthor.
Quella sera,Lex era il suo unico pensiero.Il suo obbiettivo ,inizialmente, era riappacificarsi con lui,sposarlo ancora una volta,ipnotizzare qualcuno per farlo uccidere in modo che lei ereditasse i suoi beni,e poi,una volta finiti questi ultimi ,cambiare nome e ripetere la stessa cosa con qualcun'altro,ma durante i giorni trascorsi,l'obbiettivo si modificò.
Voleva riappacificarsi con lui,magari sposarlo,e si chiedeva:
" Perchè ucciderlo quando invece posso vivere felicemente con lui,creandomi per la prima volta una famiglia?"
Era facile dirlo ma non farlo.Di sicuro ci sarebbe stato qualcuno che l'avrebbe ostacolata,come il migliore amico di Lex,Clark Kent,come aveva già fatto in passato.
Lex non l'avrebbe perdonata facilmente per quello che ha fatto,molto probabilmente potrebbe credere che lei volesse ripetere la stessa cosa.
Era un vero problema.Inoltre non sapeva che Lex era sposato con un'altra donna.
Mentre puliva tavoli e serviva caffè,e pensava ad una risposta alle sue domande,le sue colleghe erano preoccupate e da buone pettegole,sparlavano su di lei.

Ma cosa le sarà successo? -disse Grace
Già,è molto strana,se ne sta sulle sue,e non ci ha rivolto un secondo una parola!! -continuò Francy
Gli altri giorni era così allegra,e chiaccherava sempre,forse non le siamo più simpatiche?-chiedeva Marty giù di morale
Ragazze,la volete smettere?Per essere così pensierosa,e stare sulle sue avrà dei suoi motivi,vi pare?Non può mica stare sempre con noi!! -disse infastidita Rizzo
Ma noi siamo le sue migliori amiche ,potrebbe confessarsi e magari potremmo aiutarla!! -rispose Francy
Francy,non dire cavolate,ci ha appena conosciute,siamo delle semplici colleghe di lavoro!!e poi è sempre stata misteriosa quella ragazza secondo me nasconde scheletri nell'armadio -disse Rizzo guardando Desiree.
La tua è solo gelosia,Rizzo -disse Marty guardano in aria,E Rizzo la guardò ancora più infastidita e andò via.
Mentre le altre sparlavano Desiree si chiedeva:
"Ma perchè tra tante persone,voglio proprio Lex?Con i miei poteri posso benissimo ipnotizzare un paio di persone e prendere i loro soldi,Perchè Lex è più ricco,rispetto agli altri?Ma se posso ipnotizzare tutti e prendere ad ognuno i soldi,e poi suo padre Lionel lo è ancora di più."Quindi il motivo era,uno........"Io,io amo Lex,questa è l'unica spiegazionesussurrò a bassa voce.
Intanto Grace decise di parlarle e avvicinandosi le chiese:
Desiree va tutto bene?
Lei,chiuse gi occhi e li riaprì accompagnati da un sorriso: Si, va tutto bene.Poi disse a bassa voce:Lex,sto arrivando! ........E prima che Grace potesse chiedergli spegazioni per il suo comportamento,si rimise a lavorare cominciò e parlarle del più e del meno.
 
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Lucas Luthor GdR
view post Posted on 5/6/2004, 04:29




Giorno 5 - Sera - Smallville

"Dannazione nera!!!"

Per l'ennesima volta Lucas era inciampato sul sentiero insidioso, rischiando un incontro ravvicinato del peggior tipo con qualche albero irto di spunzoni. Si fermò, girò intorno lo sguardo per orizzontarsi. Sentiva battere forte il cuore, e il respiro sembrava bloccarglisi in gola. "Paura del buio, ragazzo?" Trasse un profondo respiro, obbligando i polmoni a dilatarsi per accogliere l'aria umida e pesante di odori. "No, non del buio. Il buio mi è amico - giù in città. Nel buio della città, io sono fra i predatori. Ma qui…”

La luce bianca della luna penetrava dalle aperture fra i rami in lunghe striscie che sembravano avere una consistenza solida, e nel toccare terra creavano una confusione di luci ed ombre che lo intralciavano invece di aiutarlo. Il bosco non era silenzioso, non più di quanto lo fosse un vicolo apparentemente deserto – ma a quei suoni estranei non sapeva dare un’origine, una spiegazione. No, non era stata una buona idea andare a passeggiare nel bosco per cercare di sbollire la rabbia lasciatagli dal colloquio con Lex.

Più avanti l’oscurità sembrava meno fitta, si intravvedeva uno spolverìo di stelle. Troppe stelle. Nessuna luce di origine umana che facesse loro concorrenza. Camminando con cautela, Lucas avanzò in quella direzione finché il sentiero lo portò fuori dagli alberi. Si trovava su un pendìo, più in alto di quanto pensasse. Il sentiero continuava ad arrampicarsi verso la cima di una ripida scarpata, davanti a lui il terreno sprofondava con uno stacco netto. La notte aveva tramutato la piatta campagna del Kansas in uno studio in bianco e nero, punteggiato di stelle. La bocca di Lucas si tese in un sorriso ironico. Stelle… prosaiche lampadine accese ad illuminare vite altrettanto prosaiche. “Lucas! Spegni la luce, tesoro, domani devi andare a scuola.”

Lucas batté le palpebre, scacciando il ricordo di quella voce gentile ma sempre un po’ troppo tesa. Da troppo tempo la madre non faceva più parte della sua vita. Vita in cui erano invece entrati un padre formidabile e un fratello imprevedibile. Quella trovata di offrirgli la direzione della LexCorp… Lucas si appoggiò ad un albero, fissando la pianura lontana senza vederla per davvero. Un’offerta generosa, se doveva essere obiettivo – specialmente provenendo da una persona con la quale aveva già tentato il gioco delle tre carte. Eppure… istintivamente, la destra di Lucas salì ad allargare il colletto della camicia… “Ho diciotto anni, Cristo! Come fa Lex a non capire?”

Il rumore di un’auto che arrancava lungo il pendìo opposto distrasse appena Lucas dai suoi pensieri; non fu stupito dal fatto che si fermasse sulla cima: era il tipico posto per un belvedere da innamorati…

Qualcuno si mise a urlare. Un uomo, decisamente arrabbiato.


Finalmente, un suono familiare.

Il buonsenso avrebbe consigliato di girare i tacchi… ma la curiosità ebbe la meglio. Convincendosi che fosse meglio andare ad indagare piuttosto che rischiare di ritrovarsi alle spalle un nemico sconosciuto, Lucas si arrampicò lungo il sentiero, sfruttando le ombre e gli affioramenti di roccia per tenersi al coperto. Altre urla, una seconda voce maschile… Lucas si bloccò.
“Clark Kent? Ma che diavolo…”

"Ma bene. La tua confessione ti costerà la vita!"

“Chiunque sia questo tizio, non fa parte del club dei suoi ammiratori.” Il pendìo si era fatto ancora più ripido, Lucas doveva aggrapparsi ai sassi e ai cespugli.

"Clark!!"

“E questa? Non sembra la voce di La…”

Un sasso si scalzò da sotto la mano di Lucas, che perse la presa e scivolò giù, evitando per miracolo di ruzzolare fino in fondo alla scarpata; con uno sforzo disperato, graffiandosi le mani a sangue, riuscì ad aggrapparsi ad una radice scoperta e fermare la caduta. Rimase immobile, gli occhi chiusi, aspettandosi che qualcuno là in alto venisse richiamato dal rumore della piccola frana – ma a quanto pareva avevano troppo da fare per conto loro. Con il cuore che batteva a mille, decise di tornare sul sentiero e inoltrarsi fra gli alberi. Rumori di lotta, rumore di legno spezzato. Ma che diavolo stava succedendo, là sopra?

Finalmente arrivò sul terreno piano, all’ultima fila di alberi e cespugli. Si affacciò a spiare cautamente.


Un tizio nero come l’asso di picche, che avrebbe fatto la sua bella figura come caratterista in un film stile Hellraiser, incombeva su Clark Kent raggomitolato a terra. Una ragazza bionda, sottile, osservava la scena come pietrificata

"Ti fa male, eh?"

A giudicare dalla faccia, Kent stava soffrendo per davvero. “Hellraiser” doveva avere il pugno proibito… e adesso si stava dirigendo verso la bionda, minaccioso. La ragazza neanche provò a scansarsi, né a lottare; si lasciò prendere il collo e sollevare in aria come una bambola di pezza, come se fosse rassegnata a morire.

Il sogghigno di Spike si accentuò, trasformando il suo viso in una maschera agghiacciante; si stava godendo ogni momento…


…e di colpo lanciò un breve grido di sorpresa. Clark riuscì a trovare la forza di alzare la testa – per vedere Chloe che scivolava via dalla morsa micidiale di Spike, accasciandosi a terra. Il gigante urlò di nuovo, roteando su se stesso e stringendosi con la sinistra l’avambraccio destro: degli spunzoni di metallo opaco spuntavano dalla pelle scura, che si stava rapidamente striando di sangue. Qualcosa vorticò in un lampo oscuro, come se assorbisse la luce della luna e dei fari invece di rifletterla – la testa di Spike scattò indietro, la mano insanguinata che brancolava dietro la nuca, il corpo possente scosso da uno spasimo convulso – e qualcosa lo colpì subito sotto il pomo d’adamo, spezzando il suo ruggito di dolore.

Barcollando alla cieca, coperto di sangue, Spike si allontanò di qualche passo verso la strada asfaltata; dalla gola squarciata adesso usciva solo un gorgoglìo roco. Rallentò, le sue gambe si piegarono – cadde in ginocchio, combattendo per rialzarsi – non ci riuscì. Si abbattè come un masso, contorcendosi, finché si rannicchiò su un fianco, le membra possenti afflosciate, la forza brutale che lo abbandonava insieme ai fiotti di sangue che scorreva dalla sua gola e si raccoglieva in una pozza vischiosa sul terreno, troppo arido e sassoso per assorbirlo. E rimase immobile.

Per qualche momento in cima alla scarpata tutto rimase immobile e silenzioso, tranne che per il respiro affannoso di Clark e Chloe. Poi una figura sottile si staccò dalle ombre del bosco, venne avanti con le braccia conserte. Un giovane. Un ragazzo dai corti capelli corti e ricci, le sopracciglia folte aggrottate, e un mezzo sorriso arrogante.

"Ma bravo, Kent. Ti ringrazio."

"Pe… per cosa?" balbettò Clark, cercando di strisciare lontano dalla borsetta di Chloe.

Lucas si chinò a raccoglierla. "Per avermi dato la possibilità di ripagarti. Tu mi hai salvato la vita… io ho salvato la tua. Siamo pari." Con quel tono, un guerriero Klingon avrebbe potuto aggiungere: “la prossima volta potremo ammazzarci senza perdere l’onore”. Fece scattare la chiusura della borsetta con un gesto secco, senza accorgersi del sospiro di sollievo dell’altro giovane.

Chloe si era rialzata in ginocchio, le mani strette intorno alla gola ammaccata.

"Chloe! Come ti senti?" chiese Clark in tono ansioso.

"Sta… stavo meglio prima."

Lucas le porse una mano per aiutarla ad alzarsi. "Ti serve un dottore?"

"Mi serve…una macchina fotografica. Un registratore. O almeno un blocchetto per gli appunti." la voce di Chloe era ancora rauca, ma l’istinto del reporter aveva già preso il sopravvento. Praticamente strappò la borsetta dalle mani di Lucas, frugandovi dentro.

Lucas le lanciò uno sguardo penetrante. "Chloe… la bionda del “Torch”?"

"Lucas… il figlio di Luthor? Wow, valeva la pena di essere quasi strangolata, per una storia come questa! Come hai fatto ad abbattere Terminator?"

Con un sorriso, Lucas si frugò in tasca estraendone una piatta scatoletta di metallo, ne fece scattare il coperchio, ne tirò fuori un piccolo oggetto: una specie di stella metallica, irta di spunzoni. "Shuriken. Affilate come coltelli, micidiali come pistole, e attirano molto meno l’attenzione dei poliziotti, in caso di perquisizione. Naturalmente, devi saperle usare."

La ragazza annuì, la luce bianca della luna che scintillava sui capelli chiari. "Chi era quel tipo, Clark? Cos’aveva a che fare con te?"

"Chloe!" con disperata urgenza Clark protese la destra verso di lei, le dita allargate come a volerla fermare. "Avrai tutte le spiegazioni che vuoi, ma non qui, non adesso!"

"Intendi dire “non in presenza di estranei”, Kent?" Lucas girò intorno lo sguardo, prendendo nota delle tracce di lotta feroce. "Vi siete dati da fare… E’ stato lui a sradicare quell’albero, suppongo. Ma i brandelli di camicia impigliati in quel tronco rotto sono tuoi." si avvicinò a Clark, gli occhi socchiusi a studiare il suo volto intimorito. "Neanche un livido. Eppure, cinque minuti fa non ti potevi neanche muovere. Cos’hai confessato a quell’uomo, Kent? Perché quella confessione avrebbe dovuto costarti la vita?"

Silenzio. Un silenzio tale da poter sentire i lievi scricchiolii del motore dell’auto che si raffreddava. Chloe aprì la bocca, intercettò un’occhiata di Clark e la richiuse. Lucas spostò lo sguardo dall’uno all’altra, con rabbia gelida. "Vedo. Avervi salvato la vita non mi concede il diritto di considerarmi uno di voi." Lucas si accostò velocemente al cadavere di Spike e si chinò su di lui, strappandogli una shuriken di dosso. Chloe sussultò nel sentire il suono della carne straziata.

"Che fai?" obiettò Clark. "La polizia…"

"I Luthor non si immischiano con la polizia. Prenditi il merito di aver fatto fuori questo bestione, Kent, se ti fa piacere. Io riprendo quel che è mio e vado per la mia strada." ripulì alla meglio le stelle metalliche insanguinate sulla camicia di Spike, si rialzò con un movimento fluido, dirigendosi a lunghi passi verso l’oscurità del bosco. "Tenetevi stretti i vostri segreti. Teneteli bene in caldo - per quando ci rivedremo. Per me."
 
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Clark Kent GdR
view post Posted on 5/6/2004, 12:03




Giorno 5 - Sera - Smallville

Lucas si era ormai allontanato. Potevano parlare liberamente.
“Va tutto bene?” disse Clark avvicinandosi a Chloe che nella sua mente stava ripercorrendo tutte le azioni dell’amico.
“Come hai fatto…?” chiese indicando vagamente lo spiazzale dove era avvenuta la rissa. Clark continuava a fissare silenzioso Chloe che non riusciva a trovare le parole giuste per esprimere il suo sbalordimento “Insomma tu hai …quel bestione…”
“Ho questa grande capacità…” continuò Clark con l’espressione di un tipo estraneo alla vicenda.
“Mi hai mentito per tutto questo tempo.” Proseguì Chloe irritata con un po’ di ironia. “C’è altro che devi dirmi? Ti servono gli spinaci per rifornirti o è una dote naturale?”
“Penso di averlo ereditato”
Chloe era confusa, si spiegava così, l’idea che passava per la sua mente. Clark la stava prendendo i giro. “Bene, sai anche chi era tuo padre? Ercole?”
Clark seriamente iniziò a spiegarle tutto. “Sono un Alieno.Provengo da un pianeta chiamato Krypton, non ho idea di dove si trovi. Venuto qui sulla Terra ho acquisito questi poteri. Super forza, super resistenza, super velocità, vista calorifica e raggi X”
Chloe divenne più interessata che mai. “Perché non me l’hai mai detto? Poteva essere lo scoop del secolo, saremmo diventati famosi!”
“Ma non capisci?” la interruppe Clark “Se qualcuno scoprisse il mio segreto, molti scienziati mi metterebbero sotto il microscopio, diventerò una cavia. È così che vuoi che il tuo amico trascorra la vita? Studiato da degli scienziati?”
“Andiamo Clark, non dire sciocchezze, potresti liberarti da qualsiasi individuo in 5 secondi, come hai fatto con quel bestione… Spike” Detto questo raccolse la borsetta e la aprì, tirando fuori un registratore. Si stupì nel constatare che era avviato. “Ehi. Era acceso!” fece scorrere appena indietro la cassetta “Si deve essere acceso quando hai urtato la macchina nella lotta.” Mentre lo riascoltava Clark udì le sue parole “Sono un alieno”
“Chloe…” cominciò “So di non esser stato un buon amico, ma non puoi farmi questo, mi condanneresti per tutta la vita ad una esistenza angosciante!”
“Allora forza” disse Chloe andando verso il ciglio del burrone sfidando l’amico “Spingimi di sotto. Così ti toglierai tutti i problemi, no?”
“Non dire stupidaggini…” Chloe si strinse nelle spalle a queste parole.
“Ti aiuterò io” disse una voce agghiacciante. L’attimo dopo Chloe stava precipitando. Spike era ancora vivo.
“NOOOO!!!” gridò Clark. Il suo grido riecheggiò nella valle per un po’. Neanche si rese conto che con velocità e con che rabbia giunse accanto a Spike, con che forza e potenza gli diede il pugno che segnò la sua vita. Lo mandò a sbattere contro l’altro lato della scarpata, a più di cento metri. Spike precipitò giù. Stavolta non si sarebbe salvato.
Ma anche Chloe stava cadendo e gridando. Clark non ci pensò su due volte. Si tuffò anche lui. In breve tempo raggiunse Chloe che cercava in qualunque modo un appiglio.

“Clark!! Che hai fatto? Perché mi hai seguita?”
“Non potrei mai lasciare che una persona a cui tengo come te morisse senza che possa fare niente.”
“Non voglio morire!! Non adesso!” si strinse a Clark mentre il suolo si avvicinava sempre di più ed entrambi chiusero gli occhi. Il suolo era sempre più vicino. Venti metri, dieci, cinque. La velocità cominciò a calare. I ragazzi rimasero sospesi a mezz’aria.
Chloe aprì gli occhi.
“Clark!!” Fu il turno del ragazzo. In quel momento la caduta riprese. Ma ormai era solo da due metri e non si potevano fare del male.
Si rialzarono, Chloe dolorante si asciugò le lacrime. Aveva rischiato di morire ben due volte quel giorno, e aveva scoperto cose che dopo quegli episodi avrebbe volentieri preferito non sapere, almeno non in quel momento. Quando Clark le si avvicinò per abbracciarla e darle maggiore conforto, si scansò.
Clark comprendeva lo stato d’animo di Chloe, simile a quello di Pete quando lo venne a sapere.
“Chloe, non devi dirlo nessuno” Il tono, l’espressione erano quelle di un uomo che implorava.
“Non contattarmi e non seguirmi…”disse indietreggiando “Sono confusa e devo rimettere a posto le idee.” Si voltò e iniziò ad allontanarsi.
Chloe era fuggita spaventata, Clark era triste e avvilito per la sua reazione. E così, nessuno dei due giovani notò che il cadavere di Spike non era a fondovalle……
 
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Desiree Atkins GdR
view post Posted on 5/6/2004, 21:35




Giorno 5-Smallville-Sera

Si era fatto tardi. Il sole, tramontato da parecchio tempo, aveva lasciato il posto al tenue chiarore della luna. Desiree finì di lavorare con qualche minuto di ritardo e ciò le costò la perdita del suo abituale taxi che l’avrebbe riportata al motel. Passato un attimo prima, ormai era parecchio distante per poterlo raggiungere correndo.
Maledetto, ripeteva tra sé e sé mentre pensava ad una soluzione. Ad un tratto avvistò nel vialetto accanto al bar un uomo, robusto e alto che aveva con sé una macchina, identica a quella che Lex guidava al loro primo incontro e Desiree la voleva a tutti i costo. Si accertò che non ci fosse nessuno nei dintorni, e si avvicinò con fare sexy e sensuale. Con un sorriso malizioso, giunta in prossimità, poggiò una mano sulla sua spalla e cominciò ad accarezzarlo, l’uomo incuriosito si voltò estasiato e la donna iniziò ad ipnotizzarlo. Dovresti farmi un piccolo piacere, gli disse fissandolo negli occhi, l’uomo con un gesto le fece capire che era pronto a soddisfare qualunque richiesta, lei continuò ricca di soddisfazione tipica di quei momenti… dovresti darmi le chiavi della tua macchina, adesso! disse con decisione. L’uomo gliele consegnò senza esitare. Desiree le afferrò subito, salita in macchina abbassò il finestrino e guardandolo disse: Mai fidarsi di una bella donna, specialmente se si interessa ad un tipo come te. Gli strizzò l’occhio, accelerò e si diresse verso il motel.
Nel tragitto Desiree notò una strana ombra camminare sul ciglio della strada. Istintivamente lampeggiò gli abbaglianti e notò un luccichio, avvicinandosi sempre di più si fece nitida la figura di una ragazza. Non sembrava in ottime condizioni e abbassò il finestrino per accertarsi che stesse bene. Riconobbe Chloe, l’espressione di Desiree ebbe un notevole cambiamento, stava accelerando quando Chloe si aggrappò alla portiera.

Per favore ho bisogno di un passaggio… supplicò Chloe esausta.
Desiree non poté non notare che la mano le sanguinava.

Avanti sali, ti accompagno in ospedale.
Oh! No, niente ospedale.
Si stupì alla risposta ma alla donna conveniva e non obiettò, avrebbero fatto troppe domande e non voleva che a Chloe sfuggisse il suo nome. Ma era ben cosciente che la doveva aiutare.
Se proprio non vuoi, verrai con me ti disinfetterò i tagli più profondi.
Chloe esitò un attimo, ma il sorriso gentile e affettuoso che Desiree le fece la confortò enormemente.
Grazie... aprendo la portiera.. Se mi dovesse vedere mio padre non so cosa direbbe… dopo l’altra notte… Così dicendo sperava di suscitarle qualche reazione, ogni cosa che avrebbe scoperto le sarebbe stata utile.
Senti Chloe… iniziò Desiree con aria decisamente preoccupata.
Non dirò a nessuno che ti ho vista e dove abiti, ti do la mia parola.
Desiree si meravigliò. Apprezzo molto, ma non riesco a capire perché lo fai. Continuò incuriosita.
So che sei una ladra, un evasa e ricercata dalla polizia ma aiutandomi adesso mi hai risolto molti problemi. Non sarà un azione onesta, ma sono riconoscente per quello che stai facendo ora.
Desiree continuava ad essere tesa e concentrata a guidare, ci fu un attimo di atroce silenzio per entrambe che fu spezzato dalla voce di Chloe.
Sono stati i meteoriti a causarti questa trasformazione? Desiree si voltò verso la giovane, sapeva che il silenzio sarebbe stato più letale delle parole, e rispondere avrebbe diminuito la tensione. Forse Chloe stava correndo troppo ma aveva davanti uno dei pochi “mutanti innocui” con cui poter parlare. Non avrebbe potuto utilizzare la sua testimonianza ma le avrebbe dato enormi soddisfazioni. In tutti quegli anni molti contrastarono la sua teoria ma averla avvalorata da Desiree, avrebbe reso la ricerca delle prove meno deprimente. Nel frattempo Desiree poté raccogliere tutte le idee. Non posso confermartelo ma è successo qualcosa di strano quel giorno.Ero con il mio ragazzo quando caddero i meteoriti,ti lascio immaginare cosa stavamo facendo sul furgone in riva al lago, disse sorridendole, poi tornò seria… Ero nel gorgo della passione in quel momento. I miei fer’omoni sono stati potenziati e come avrai ben capito posso far fare ad un uomo quello che voglio. Ma sono fatti accaduti molto tempo fa, non ricordo molto bene e da allora sono molto cambiata. Come hai detto tu sono una ladra e una evasa.
Detti da lei quelle parole pesarono nell’animo di Chloe Scusami non mi sono resa conto di essere stata tanto insensibile.
Sei una giornalista, è la tua natura. Entrambe accennarono un sorriso.
Continua pure con le domande, se vuoi, so che non aspetti altro.
Chloe non se lo fece ripetere due volte. L’uomo dell’altra notte, era il risultato di una tua… conquista?
Sai se per caso è stato…L’hanno arrestato per aggressione e costretto a non mettere più piede a Smallville. Ma la polizia ha scoperto tutto su di te, credo ti stiano cercando.
Non mi preoccupa la polizia, è l’ultimo dei miei problemi per il momento. Sono gli individui come quello dell’altra volta ad assillarmi. Quell’uomo era solo l’inizio, temo che accadranno altri incidenti come questo… A proposito di incidenti ed infortuni… chi ti ha ridotto così?
Chloe ci pensò un po’, non poteva dirle la verità e iniziò ad inventare una storia.

Mi sono precipitata qui quando qualcuno mi ha detto che avrei trovato uno scoop incredibile…
E gli hai creduto?
Sono una giornalista e devo prendere in considerazione qualunque possibile informazione. Così mi sono avventurata fin giù nel burrone. Non mi accorsi che il sole stava tramontando e quando si fece scuro non ho trovato più la strada di ritorno. Ho continuato a camminare e quando scoprii una zona dove potermi arrampicarmi iniziai a scalare…
Sarà stato faticoso… nessuna notizia sensazionale alla fine?
No, sarà stato un falso allarme.
I rischi del mestiere… continuò Desiree per sdrammatizzare. Ormai manca poco e svoltò in un'altra via.
Appena arriviamo dovrei chiamare mio padre sarà in ansia.
Certo, e suppongo che domani dovrai andare scuola … Allora, cosa succede alla Smallville High School di bello?
Niente di particolare. Ah! Le lezioni di biologia sono diventate per i ragazzi parecchio noiose. Desiree sorrise, e si voltò verso Chloe che aveva un espressione piuttosto perplessa. Qualche problema?
Mi chiedevo se avessi realmente una laurea.
Ho frequentato un corso … non dovresti stupirti se ti dicessi che i professori erano tutti uomini… Oh! Ecco siamo arrivati! E indicò un motel. Da lì si poteva vedere benissimo il castello di Lex Luthor. Il posto era abbastanza grande per essere un motel e vi alloggiavano molte persone.
Posteggiarono e Desiree, arrivati all’uscio, aprì la porta. Chloe si stupì nel constatare che tutto era in perfetto ordine. Niente era fuori posto.
Vedo che sei una maniaca dell’ordine.
Amo vivere in un luogo pulito e confortevole. Adesso vorrai lavarti, in quella stanza indicando una porta c’è il bagno, lì dovrebbero esserci delle asciugamani e qua aprendo un cassetto e uscendo dei vestiti c’è un pigiama. Appena avrai finito disinfetteremo le ferite. Chloe annui e si diresse in bagno.
Intanto Desiree pensava
"E’ troppo mal ridotta per aver scalato un sentiero, avrà di sicuro inventato una scusa,forse è troppo turbata per dirmi la verità…."
Dopo un quarto d’ora Chloe uscì indossando un delizioso pigiama.
Ti sta bene. Vieni qua che disinfettiamo le ferite.. Chloe si sentiva a suo agio accanto a Desiree, nessuna donna l’aveva trattata tanto affettuosamente. In cuor suo le mancava una figura materna, il padre aveva fatto più del dovuto ma le restava comunque un vuoto da colmare. Desiree era molto precisa e attenta, non voleva farle troppo male. E quando sentiva che Chloe soffriva, la rasserenava con un sorriso amorevole. E con questo, ho finito!
Ti ringrazio tanto. Potrei telefonare? Chiese Chloe ricordandosi di suo padre.
Fai con comodo. E nel mentre Desiree si andò a cambiare in un'altra stanza. Chloe rassicurò il padre dicendogli di aver studiato da un amica e che avrebbe dormito da lei, Gabe non obiettò.
Si stesero nel letto, spensero i lampioni del comodino, ma nessuno delle due riuscì ad addormentarsi subito. Entrambe riflettevano sui loro problemi.
 
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Lex Luthor GdR
view post Posted on 6/6/2004, 23:29




6 Giorno, Mattino, Smallville

Lex si alzò di buon ora per recarsi alla fattoria dei Kent. Sarebbe rimasto ancora per poco a Smallville e voleva approfittarne per salutare Clark. Non appena arrivò, l’enorme buca che era la posto del rifugio antitempesta attirò la sua attenzione. Si avvicinò per dare un’occhiata.
“Pare ci sia stata un’esplosione... Eppure il cratere ha degli strani solchi... Potrei sbagliarmi, ma mi sembra ci sia qualcosa di strano...”
Decise di scendere sul fondo e raccogliere un campione del terreno. Lo nascose in tasca, avvolto da un fazzoletto. Clark arrivò dopo che era uscito dalla buca.

"Lex!! che sorpresa, come stai amico?" disse offrendogli un caloroso abbraccio

“E’ un piacere rivederti Clark.” lo salutò Lex “Sto abbastanza bene, da quando sono tornato da quel naufragio... Come avrai sentito dai notiziari, i rapporti con mio padre si sono molto distesi...”

“Sì, ho anche sentito che sei diventato capo di mezza Luthorcorp...”

“Infatti. E anche per questo che sono qui. Volevo salutarti. Mi trasferisco a Metropolis e non so quando potrò tornare a Smallville.”

Lex notò che lo sguardo di Clark si era rattristato al pensiero che non avrebbe rivisto l'amico. Quest'espressione cambiò subito però, mutandosi in un sorriso decisamente forzato e la frase fatta "Beh, congratulazioni. è ciò che hai sempre voluto......."

Mentre Clark parlava Lex annuiva, vagamente distratto. “E’ un bel buco, Clark” disse indicando il cratere “Cos’è successo mentre non c’ero?”

"Ah, quello. Sono un distratto, non mi sono accorto di una fuga di gas in cantina, fortuna che non c'era nessuno..."

"Proprio una bella fortuna..." mormorò Lex continuando a guardare il cratere. Non era pienamente convinto, ma decise di non insistere. “A quanto pare anche tu non sei stato del tutto tranquillo in questi giorni.”

Clark distolse lo sguardo. "Beh... Lex... Metropolis è ciò che hai sempre voluto. Quindi buon lavoro, anche se mi mancheranno le chiacchierate e i consigli che mi davi"

“Tornerò qualche volta, se non altro per controllare mio fratello... Gli ho offerto la direzione della Lexcorp, ieri sera, ma non credo che accetterà”

“Non è proprio il tipo” disse Clark sorridendo

“Anch’io ero come lui una volta. Deve solo crescere. Per ora è maggiorenne solo anagraficamente... Beh ora devo andare, spero che ci rivedremo presto.”

“Lo spero anch’io”

Un velo di nubi coprì il sole mentre i due si salutavano con un abbraccio. Lex tornò alla sua auto. Una volta entrato estrasse il campione di terreno e lo infilò in una busta di plastica. “Lucas può aspettare” pensò mentre avviava il potente motore “Devo tornare subito ai laboratori Cadmus di Metropolis, prima che questa manciata di terra perda ogni traccia di ciò che è successo dai Kent.”
 
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Lex Luthor GdR
view post Posted on 20/6/2004, 22:08




Giorno 6, Metropolis, Pomeriggio

“Voglio un esame spettrografico, un’analisi chimica completa e le misure di radioattività. Entro domani dovrà essere pronto un rapporto completo e dettagliato. Il vostro compito è scoprire per filo e per segno cosa è successo alla terra contenuta in quella busta negli ultimi dieci giorni.”

L’equipe del dottor Metz ascoltava le concitate parole di Lex, mentre osserva la busta contenente il campione di terreno preso dalla proprietà dei Kent.

“Questa cosa ha la priorità, per il momento potete sospendere le ricerche sui meteoriti. Ripasserò domani per i risultati. Buon lavoro.”

Gli scienziati dei Cadmus si misero alacremente al lavoro, Lex uscì in strada. Decise di fare quattro passi a piedi per schiarirsi le idee e per riposarsi dal lungo viaggio in auto che l’aveva portato a Metropolis.

Era fermo al semaforo pedonale, aspettando il verde, quando dall’altro lato vide tra la folla una figura ben nota...
"Quello è... No, è impossibile...” un autobus gli passò davanti, coprendogli la visuale. Tornò a guardare le persone di fronte a lui: l’uomo non c’era più. “Non poteva essere lui... Devo averlo immaginato” Pensò ricominciando a camminare. L’inquietante pensiero svanì presto tra i rumori e gli odori della città che tanto destava meraviglia e orgoglio al giovane Lex Luthor. Solo a Metropolis sentiva di potersi permettere la perdita di tempo di una passeggiata senza meta.

Aveva ormai dimenticato lo strano episodio di poco prima quando si accorse che qualcuno lo stava seguendo. Un uomo tarchiato, malvestito e poco curato gli stava continuamente dietro e lo fissava con attenzione. Sembrava anche un po’ ubriaco, nonostante l’ora. Lex decise di far finta di niente e proseguì per la sua strada finchè non si gettò in un vicoletto deserto con una svolta repentina. Da lì aspetto il suo inseguitore e, appena questi si fece vivo, lo assalì con un bastone di legno rimediato tra i rifiuti, facendolo rotolare per terra tra i lamenti. Lex alzò ancora il bastone su di lui:

“Hai tre secondi per dirmi chi sei e perchè mi stavi seguendo” urlò minaccioso.
“L...Lei è Lex Luthor, vero?” disse l’ometto con aria spaventata. “Ho... ho visto le foto di lei e di sua moglie su quel giornale...”
Lex aveva perso la pazienza. “E se anche fosse? Cosa diavolo vuoi da Lex Luthor?”
“Io... vengo da Edge City signore... Credo di avere delle informazioni interessanti per lei... Se lei è il signor Luthor ovviamente...”
Vedendo che l’uomo era inncuo Lex si calmò e gettò il bastone a terra. “Va bene. Sono Lex Luthor. Che genere di informazioni hai?”
“Riguardano sua moglie, io l’ho vista... l’ho vista... a Edge City...”
Il volto di Lex si illuminò per un attimo, nella sua testa passarono in un momenti milioni di pensieri. Si chiese se doveva fidarsi di questo povero barbone alcolizzato, ma dopotutto non gli sarebbe costato niente sentire quello che aveva da dire. Lo aiutò a rialzarsi.
“Devi scusarmi per la mia irruenza...”
“Bob.”
“Devi scusarmi, Bob, ma credevo avessi intenzioni ostili. Permettimi di offrirti qualcosa da bere...”
Ora era il volto di Bob a illuminarsi. “... e intanto ascolterò quello che hai da dirmi riguardo alla mia cara consorte, così opportunamente scomparsa il giorno del mio “incidente”...”
 
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Helen Bryce GdR
view post Posted on 27/6/2004, 21:17




Giorno 6, Edge City, Pomeriggio

Helen osservava il sole che dietro i palazzi più alti stava cominciando a calare, mentre i vetri riflettevano i caldi colori del tramonto. Era tardo pomeriggio e la sera si stava ormai avvicinando. La giornata era stata calda. Helen alzò la testa e osservò il palazzo in cui doveva entrare. Fatiscente, come quasi tutti i palazzi della zona. Era in uno dei quartieri peggiori di Edge City, che già di per sé non era un posto raccomandabile. Dall’altro lato della strada un tipo le urlò
“Ehi pupa, hai due gambe da paura! Perché non vieni a fare un giro da queste parti?” Helen preferì non rispondere ed entrò velocemente nel palazzo, sperando di uscirne il prima possibile e prima che il sole tramontasse. Mentre il portone di richiudeva alle sue spalle senti l’uomo dall’altra parte della strada urlarne delle oscenità e si chiese fra sé e sé come fosse potuta cadere così in basso; lei che aveva una carriera alle spalle ed era sposata a uno degli uomini più ricchi del mondo. Sapeva che la risposta stava in una sola parola: avidità, ma per ora preferì non pensarci.
Nel frattempo era giunta al quarto piano del palazzo ed era proprio davanti alla porta che stava cercando. Bussò come le era stato detto e attese. Inizialmente non arrivò nessuna risposta, quindi riprovò. Questa volta sentì una voce
“Avanti, è aperto”. Scostò leggermente la porta ed entrò nella stanza piuttosto buia. Non c’era luce elettrica accesa e il sole che cominciava a tramontare lasciava la stanza leggermente in penombra. Era la quintessenza del disordine, le cartacce si accumulavano ovunque e mentre si guardava attorno, sentì una voce giungerle dal lato. “Uhu Uhu, che bella figliola che abbiamo qui, non se ne vedono spesso da queste parti”
Helen si girò vide un tipo abbastanza grasso e laido che la osservava da dietro una scrivania. Quando gli rispose Helen lasciò trapelare tutto il suo disprezzo: “E’ lei Johnny Stomp?”
“Dipende cocca, da chi desidera saperlo”
“Non mi chiamo cocca e il mio nome non è importante” rispose seccamente Helen.
“Uhu Uhu quanta arroganza in quella voce. Ok, supponiamo che sia Johnny Stomp: sentiamo cosa ti porta qui, bella?”
Helen fu ancora più asciutta “Mi ha mandato qui un tipo che si fa chiamare Snake”
“Uhu Uhu, il vecchio Snake. Se ti ha dato il mio nome devi averlo pagato parecchio, bella” Helen ripensò vagamente ai 700 dollari sborsati per quel nome e fu ancora più acida nella risposta: “Voglio un passaporto entro 24 ore. Fatto bene, deve sembrare vero. E non mi chiamo bella”.
“Ah Ah Ah” il grassone rise: “Caspita ne hai di carattere, perché non ti siedi mentre parliamo dei particolari?”
“Non mi siedo in questo porcile. Voglio solo sapere se è in grado di fare quello che voglio”
Questa volta anche Johnny fu asciutto e seccato “Certo che sono in grado, sono il migliore. Faccio roba seria, in grado di sembrare vera anche agli occhi della CIA, ma costo…”
“I soldi non sono un problema”
“Ok, allora 2500 adesso e 2500 domani sera”
Helen se lo aspettava e aprì la borsetta tirando fuori i contanti.
Johnny guardò i soldi e la osservò:
“Tu sei roba d’alta classe. L’ho capito appena ti ho vista entrare. Non sei cresciuta nei bassifondi, ma in palazzi dorati.”
“E questo cosa centra?” disse Helen.
“Nulla, parlavo ad alta voce. E dimmi che nome devo scrivere sulla carta d’identità?”
“Emmanuelle. Emmanuelle Vaugier”
“Nazionalita?”
“Canadese”
“Ok, domani sera per le 9:00 fatti trovare qui con i soldi. Avrai ciò che vuoi”
“Non mi piace questo quartiere di sera”
“Tranquilla nessuno ti farà del male. Parola del vecchio Johnny”
“Bene, a domani” Helen girò i tacchi e uscì velocemente dalla stanza. Non le piaceva quell’uomo, ma non aveva scelta.
Johnny osservò per un po’ la porta che si era chiusa alle spalle di Helen. mentre con le mani giocherellava coi 2500 dollari, e pensava tra sé e sé:
“Ehi sì cocca, sei roba preziosa. Devi avere le fiamme al culo se sei disposta a pagare così tanto. Ma c’è qualcuno che è disposto a pagare molto di più per sapere dove sei” E lentamente alzò la cornetta e cominciò a comporre un numero di telefono.
 
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94 replies since 2/2/2004, 02:21   38071 views
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