| Giorno 7, Metropolis - Sera
"Dopo aver passato il pomeriggio in preda al panico riguardo a cosa si sarebbe messa, Léa aveva infine deciso di osare e aveva optato per un abito lungo dello stesso colore delle rose che Lionel le aveva mandato: rosso fuoco, delle sottili spalline ricamate e con un sensualissimo spacco laterale dal ginocchio in giù. Si era tirata su i boccoli scuri in un morbido chignon impreziosito da un fermacapelli a forma di orchidea, l' acconciatura le lasciava scoperti il collo e la schiena e aveva indossato gli orecchini di brillanti che la nonna paterna le aveva lasciato. Si era appena concessa qualche goccia di profumo dietro le orecchie quando il campanello suonò e lei scese ad aprire. “Buonasera, mia cara” esordì baciandole la mano “Sei splendida” Lei non potè fare a meno si arrossire. Lionel era puntualissimo, elegante e sorridente più che mai, la condusse alla lussuosa limousine parcheggiata davanti alla libreria, non mancando di destare la curiosità dei passanti e dei clienti dei vari locali, affacciatisi alle vetrate con gli occhi sgranati dallo stupore. Durante il viaggio conversarono piacevolmente dello spettacolo a cui avrebbero assistito di lì a poco, così arrivarono a Metropolis in meno tempo di quanto Léa si fosse aspettata. Il teatro della città era stato restaurato grazie alla generosa donazione della Fondazione Luthor, per cui il loro ingresso non passò inosservato ai fotoreporter d’assalto assiepati all’entrata e alla buona società presente alla prima di quella sera. “Non farci caso” le sussurrò, sorridendo disinvolto a tutti e presentandola ad alcuni editori e mecenati di sua conoscenza, lei nascose la sua insofferenza a quei flash e quelle chiacchiere con persone sconosciute con lo stesso sorriso di Lionel. Léa scoprì con piacere che il palco d’onore apparteneva alla famiglia Luthor, così poterono godere di una vista ottimale sulla rappresentazione in scena. Suo padre era stato un ammiratore dell’opera quando era piccola, ma non le era mai capitato di assistere a un balletto, così rimase senza fiato di innanzi al dramma di Siegfried e Odette e degli eterei e tragici cigni , e l’immortale musica di Tchaikovskyi la trasportò sulle ali di un sogno, accompagnandola sulle rive di un lago incantato e in una reggia fiabesca fino all’emozionante finale. La travolgente bellezza dell’amore e della morte a cui aveva assistito la commossero profondamente, e volgendo lo sguardo sopraffatto verso il suo compagno trovò nei suoi occhi la comprensione di ciò che stava provando, in un’intimità che solo gli amanti di quelle arti meravigliose che sono la danza e la musica conoscono e possono condividere. Sfuggendo abilmente alla folla i due raggiunsero la limousine, che li portò all’attico di Lionel, nel quartiere più lussuoso della città, dove li attendeva un’elegante tavola apparecchiata per due e l’ottima cena francese preparata dallo chef personale di Lionel, innaffiata dai vini più pregiati della collezione. A Léa sembrava di essere finita in un film, tutta quella girandola di emozioni e di lusso le faceva quasi girare la testa e dovette ripetere a sé stessa più volte che non era un sogno, mentre la voce sensuale di Lionel le accarezzava i sensi. “I grandi balletti del 19°secolo si basano quasi tutti su un binomio di fronte al quale il protagonista maschile non sa scegliere, e la sua indecisione porta quasi sempre alla tragedia: vedi nel Lago dei Cigni, in Giselle e in La Sylphide, ad esempio” dissertò lui, finita l’aragosta. “Quale binomio?” chiese lei interessata. “La scelta fra la donna eterea, angelica, ideale come il cigno bianco e la silfide, e quella più umana, sensuale e violenta come il cigno nero e la fidanzata Effie” spiegò lui. “In pratica l’uomo vorrebbe averle tutte e due” rise Léa finendo il costoso vino dal suo bicchiere di cristallo. Lionel divertito annuì “Si, è così in effetti. Ma ogni tanto un grande uomo riesce a scovare la perla nera, una donna unica e preziosa, che incarna entrambi gli ideali allo stesso tempo, e insieme raggiungono vette di insperata grandezza ” disse sporgendosi verso di lei, le fiamme delle candele riflesse nelle iridi verdi e nel sorriso malizioso “E io credo di averla trovata, la mia eterea, sensuale, delicata e violenta musa” Léa per un attimo si gelò: possibile che sapesse tutto? Sapesse di sua madre, della sua malattia e di quello che aveva fatto lei, del vero motivo per cui si era trasferita dal Canada? Lo guardò negli occhi: si, lo sapeva. Un uomo come lui sapeva sempre con chi aveva a che fare, anche solo per motivi di sicurezza. Lionel continuava a sorriderle, come se le stesse leggendo nei pensieri. In un lampo di comprensione, Léa capì: non solo sapeva, ma approvava, anzi forse lei le piaceva ancora di più per questo. Non c’era bisogno di spiegazioni, non c’era più bisogno di nascondere nulla, né la vergogna né il piacere che aveva provato nell’essere cattiva. Lionel sapeva, e capiva. Un sorriso si allargò sul suo viso, in risposta a quello di lui. Giocherellò capricciosa col bicchiere “Potrei anche abituarmi, a tutto questo lusso” disse scherzando. “Fa pure, mia cara” rispose lui compiaciuto, alzandosi e invitandola a ballare sulle note morbide di Glenn Miller e Gershwin, soli nel grande salone, allacciati in un ballo lento e dolce. “Ho grandi progetti per noi” disse tenendola stretta ”ma ora giochiamo” rise sornione, tirando fuori dalla tasca un foulard di seta bianca col quale le bendò gli occhi. Léa lo lasciò fare divertita, circonfusa del calore che sentiva dentro, dovuto al ballo, al vino e a quell’uomo pieno di sorprese. Lionel la guidò per stanze che non conosceva, fino a fermarsi; stava alle sue spalle e la teneva delicatamente per le braccia. Léa sentiva il cuore battere furiosamente nel petto e il sangue fluirle alle guance. “Ho in mente una casa editrice tutta tua, Lèa” le disse Léa senti il respiro di lui sulle sue spalle nude, desiderando follemente che ponesse fine al suo tormento. Lei rise piano “E come la chiameremmo? Edizioni Léa Brialy?” Lionel le sfilò abilmente il vestito, le mani vellutate sulla sua pelle candida, infiammata di desiderio. “No” disse lui, baciandole l’incavo del collo, spazzando via ogni suo dubbio per far posto a qualcosa di nuovo e terribilmente eccitante “Edizioni Léa Luthor, se lo vorrai” concluse, mettendole al collo qualcosa di piacevolmente freddo. A Lèa mancò il respiro, e durante quell’attimo di shock Lionel le tolse la benda. Erano di fronte alla città intera, illuminata e romantica, immensa, e loro la dominavano dalla cima del grattacielo più alto, un re e una regina davanti al loro impero. Riflessi nella grande vetrata c’erano loro due, lui alto e bellissimo che la guardava, lei nella sua corta sottoveste bianca in pizzo e seta, le lunghe gambe nude, i tacchi altissimi, e una incredibile collana di diamanti e rubini al collo. “Sposami, Léa” le sussurrò lui all’orecchio, sconvolgendo i suoi sensi torturati. Bastò quell’attimo, e Léa finalmente seppe quale destino avrebbe scelto.
Ore dopo Léa si sveglio in un grande letto, felice e appagata, in quel nuovo mondo che adesso le apparteneva. La sensazione della seta bianca sulla pelle nuda era davvero deliziosa. Si voltò, e al suo fianco c’era una rosa rossa dal gambo lungo. Sorrise. Il suo uomo era una persona indaffarata, ma attenta ai particolari. Scese dal letto avvolta in un lenzuolo, e fece per andare verso la stanza da bagno, quando notò qualcosa di insolito vicino alla finestra: un grande cavalletto con una tela montata sopra. Si avvicinò e guardò qualcosa che la ammutolì di incredulità e piacere: era il suo ritratto, un grande quadro a olio in uno stile ricco e passionale, non ancora terminato ma ben definito, che la ritraeva addormentata, allungata come un gatto, nuda, innocente e sensuale, il sorriso sulle labbra ai primi raggi della pallida alba . Restò a guardarlo per molto tempo, si amò in quel dipinto, e ne amò ancor di più il pittore. Si, era quella la realtà, non aveva più bisogno di sognarla fra le pagine di un libro, adesso ne era la protagonista.
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